7 dicembre 2017

Assassinio sull'Orient Express

Andiamo al Cinema

Un film tratto da un romanzo di Agatha Christie te lo aspetti decisamente british, ben curato nella scenografia come nei costumi, che punta i riflettori sugli attori, certo, ma soprattutto sulla storia.
Non a caso, la prolifica creatrice di storie, per i suoi intrecci originali è conosciuta.
Inizia una nuova -e non così richiesta- versione dell'Assassinio sull'Orient Express, e fin dalla prima immagine capisci che quello che ti aspetti, non ci sarà.
Colpa, per assurdo, di un budget sostanzioso.
Un budget che fa propendere per altri aspetti da curare: gli effetti speciali ridondanti, per ricreare città e treni in corsa, e soprattutto a servizio di un cast all stars.
E così, tutta la prima parte del film è un "oh guarda, c'è lui", "c'è pure lui" "e lei!" "anche lei!", un continuo di wow -per chi il cartellone non l'ha letto- che va a minare proprio la storia, e il suo ritmo, su cui ci si dovrebbe invece concentrare.


La storia, forse una delle più conosciute, è ambientata tutta in quel treno che da Istanbul porterà il famoso investigatore Hercule Poirot a Calais, per poi approdare a Londra dove un nuovo caso da risolvere lo aspetta.
Caso vuole, però, che un omicidio venga commesso proprio su quel treno, un treno affollato di sconosciuti, dove il più meschino fra loro, perde la vita.
Chi è il colpevole?
Chi ha accoltellato il trafficante d'arte Ratchett?
E chi era, davvero, Ratchett?
Domande che, se si ha avuto a che fare con il romanzo della Christie o con uno degli altri tre adattamenti cinematografici e televisivi, già hanno una risposta.
L'obiettivo era quindi quello di rendere nuovamente accattivante il tutto.
E si è pensato di farlo non badando a spese e affidandosi a un super cast, come detto.


C'è l'imbarazzo della scelta tra Penelope Cruz, Olivia Colman, Derek Jacobi, Willem Dafoe, Josh Gad, ma come sempre, quando tanti nomi si accalcano, il rischio è di far diventare ogni personaggio una macchietta al servizio dell'interpretazione dell'attore.
È quello che accade a Johnny Depp, che tenta di uscire dal solito personaggio di cui solitamente su grande schermo veste i panni -non riuscendoci però del tutto-, a Judi Dench affezionata alle matrone dure ma con il cuore di panna, e a Kenneth Branagh stesso, che dà vita a un Poirot sopra le righe, a una versione più noiosa e meno frizzante di un Doctor Who qualunque.
Meglio, invece, va a due donne diversamente affascinanti, la Daisy Ridley che si fa conoscere oltre la saga di Star Wars, e convince, e Michelle Pfeiffer che dimostra dopo Mother! di essere sempre in splendida forma, fisica e attoriale.
Se gli attori non vanno a segno, allora guardiamoli quegli aspetti tecnici mirabolanti, ma tra carrellate infinite, punti di vista eccentrici, tutto sembra essere pensato per stupire, per voler dimostrare di più e di più ancora.
Il problema, allora, è che in tutto questo voler dimostrare (di aver attoroni, di saperci fare con le macchine da presa e con gli effetti speciali), ne risente la storia stessa, che qui adattata non ha il ritmo, si appesantisce in quei dialoghi e in quegli interrogatori che dovrebbero essere pieni di verve, e si perde, nei dubbi morali di un ispettore che no, non coinvolgono.
L'operazione, per quanto riuscita a livello di incassi, continua a non essere giustificata vista la mancanza di originalità, la commercializzazione e la spettacolarizzazione del tutto, e visto che il finale dà il La a un altro adattamento, c'è solo da temere per quanto succederà sulle sponde del Nilo.


Regia Kenneth Branagh
Sceneggiatura Michael Green
Musiche Patrick Doyle
Cast Kenneth Branagh, Johnny Depp, 
Judi Dench, Daisy Ridley, Michelle Pfeiffer

8 commenti:

  1. Temevo, molto.
    E confesso che anche il romanzo, letto sul treno per Torino, l'ho trovato troppo schematico, troppo improbabile. Si può dire?

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    1. Si può dire, sì. Quei dieci piccoli indiani proprio per la loro schematicità iniziale all'inizio non mi avevano preso, e ora, con tutte queste Christie al cinema, vedo che la formula è sempre la stessa. Qui, poi, si eccede e si snatura anche quella classicità.

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  2. Come scriverò... tra poco, credo che film come questo (che poi più che film sono operazioni commerciali) vadano visti più con gli occhi del pubblico che con quelli del critico. Il valore artistico in sè, in questo caso, ha poca importanza: però sono operazioni che fanno tornare la gente in sala, con eleganza e garbo. E di questi ce n'è davvero tanto bisogno!

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    1. Io, come sempre, le vedo con i miei occhi, e non ne sono affatto contenta.
      Ben venga il pubblico, per carità, ma qui è un continuo cercare di stupirlo, con l'entrata ad effetto dell'attorone di turno, con punti di vista in cui l'ego di Branagh si sente fin troppo. E io, sbadiglio e mi irrito.

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  3. Considerando che non è proprio il mio genere di storia, mai stato appassionato di Agatha Christie, e che non sopporto Kenneth Branagh, le mie aspettative sono più o meno quelle che si può avere sulla puntualità di trenitalia. :)

    A questo punto potrebbe solo sorprendermi in positivo, ma probabilmente non ci riuscirà comunque...

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    1. Se parti già non sopportando Branagh, qui non potrai che far aumentare il tuo odio per lui. Saccente, sia come Poirot che come regista, crea un giocattolone fin troppo commerciale. Resto in attesa ;)

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  4. Non è un capolavoro, ma si lascia vedere.
    Branagh mostra il suo mestiere di attore shakespeariano.
    Depp è meno cane del solito.
    (a proposito di effetti speciali) il computer fa viaggiare il trenino in mezzo alle montagne della Nuova Zelanda, belle e selvagge; il fulmine che provoca la fatale valanga è stato scagliato da Saruman in persona?

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    1. Probabile. La dimostrazione che con un budget minore, si sarebbero potute trovare soluzioni magari meno "ad effetto" ma più autentiche e genuine. Un po' come per tutto il film.

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