25 luglio 2014

Stories We Tell

E' già Ieri -2012-

Raccontare la storia della propria famiglia potrà mai interessare a qualcuno?
O meglio, indirizzando a dovere la domanda, la storia della propria famiglia potrà mai essere al centro di un documentario che attirerà l'attenzione del grande pubblico?
La domanda non è di così facile risposta per nessuno, nemmeno per Sarah Polley che dopo il successo con il drammatico Away from Her e la malinconia d'amore di Take this Waltz ha deciso di tornare dietro la macchina da presa per metterci davanti padre, fratelli e fratellastri per ricordare la madre.
La domanda è lei stessa a porla a loro, e gli intervistati si chiedono a loro volta se davvero a qualcuno possano interessare i litigi domestici, i piccoli segreti e tutta la loro intimità che è in fin dei conti personale, ma anche comune.


La risposta, però, è che se hai alle spalle una storia particolare come quella della famiglia Polley, e se sei una regista con un gran talento di narratrice come Sarah, il tuo risultato riuscirà ad essere interessante, commovente e pure utile, nel suo chiedersi costantemente il suo senso generale e il senso dell'arte in particolare.
Il motivo per cui quello che Sarah ci racconta è intrigante, è che fin da piccola la sua diversità rispetto agli altri fratelli aveva fatto sorgere sospetti poco a poco diventati uno scherzo sul suo vero padre, visto che quello che la stava crescendo era così diverso da lei. Ma il mistero legato al suo concepimento non è certo l'unico che merita di essere scoperto, perchè quello che il documentario fa è anche andare a scavare nella memoria collettiva di una famiglia per restituire ad una figlia la figura di una madre che solo per 9 anni ha potuto conoscere. Diane, attrice dalla verve inesauribile, viene così dipinta in tutti i suoi aspetti, quello di moglie, quello di madre, quello di amica e quello di amante.


Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo, scriveva Tolstoj.
Ma come detto non basta una storia interessante per rendere un documentario un bel documentario, se non sai come raccontarla, questa storia.
E Sarah Polley non sapendo inizialmente come gestire il tutto, riesce a dargli un ordine, partendo dalla biografia scritta dal padre, e letta in sala d'incisione, che intervalla così le interviste famigliari dove come sempre sono gli sguardi, i gesti e quanto non detto a prevalere. Ma è soprattutto la vicinanza con gli intervistati che fa la vera differenza, con i consigli e le prese in giro del fratellastro, ad esempio, poi riprese in fase di montaggio, che incolla così sguardi sconcertati, silenzio ricchi di significato.
Attraverso poi foto e filmati privati (la cui natura ci verrà svelata nel finale), il racconto prende vita, alternando momenti di grande emozione con altri di grande ironia, involontariamente comici, anche.
Le storie che ci vengono raccontate sono così tutti i lati di una verità difficile, o impossibile, da ricostruire, che compongono però una famiglia che su queste storie e su queste verità ha saputo crescere.
E se questo è un motivo personale per fare di Stories We Tell un documento utile, il fatto che la Polley con la sua padronanza del linguaggio cinematografico abbia saputo rendere la sua, di storia, accattivante e bella, che per prima si interroga sul suo significato, è un motivo universale per correre a vedere il film.

6 commenti:

  1. lo trovo molto interessante!

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    1. Lo è, lo è! Se ne hai la possibilità, recuperalo :)

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  2. però non sembra male e poi è vero le famiglie infelici sono tutte diverse ;)

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  3. finalmente un docu che mi incuriosisce.
    tutto merito di sarah polley...

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    1. La Polley non può che interessare, e a ragione, anche perchè così la si conosce molto meglio!

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