Ai gatti non so resistere, meglio se rossi.
Ai vecchini neppure, meglio se soli, buffi e profondi.
Così quando mi sono imbattuta nel misconosciuto titolo Harry e Tonto, l’ho appuntato, in agenda, aspettando di trovare il momento giusto, la connessione giusta, per trovarlo e vederlo.
Pensavo fosse un film piccolo, datato, sì, ma dimenticato.
Non sapevo avesse dalla sua un Oscar, quello per Art Carney come miglior attore, non sapevo che quell’Oscar fosse fonte di polemiche: Carney prevalse su gente come Al Pacino (Il Padrino parte II), Dustin Hoffman (Lenny) e Jack Nicholson (Chinatown).
Sotto al video del suo ringraziamento, buffo, come buffo è Harry, si leggono commenti a non finire sull’ingiustizia di tale premio.
Ma l’hanno visto, questi leoni da tastiera, la dolcezza di Harry, con Tonto?
L’hanno sentito cantare a quel gatto, chiedergli chi cantasse quella canzone, tenerlo sottobraccio, disperarsi per la sua improvvisa e breve fuga? Commuoversi alla vista di un amico che non c’è più, indignarsi con la sua città –New York- per lo sfratto da quello che è da sempre il suo appartamento, il suo quartiere, per quanto nel mentre degradato e irriconoscibile?
Io, l’ho visto, e anche se il film non è memorabile e sente il passare del tempo, Harry è un vecchino a cui subito ci si affeziona, sarà per quel gatto che porta al guinzaglio, sarà per la bontà che lo spinge a mettersi in viaggio, a confrontarsi con i sue tre figli e nel mentre conoscere giovani in crisi, indiani guaritori, gattari come lui.
Il road movie incede a passi alterni, dall’aereo mai preso all’autobus poco consono a Tonto, dall’auto usata all’autostop. Procede in direzioni diverse, attraverso l’America che Harry avrebbe voluto attraversare da giovane, attraverso memorie e vecchi amori da ritrovare, figli da conoscere meglio.
Cerca il suo posto, Harry che è senza casa, senza meta, cerca una casa.
In questo lungo viaggio, a lui ci affezioniamo, ci affezioniamo ai luoghi che lo vedono protagonista, alle musiche –quelle belle colonne sonore orchestrali di un tempo- che lo accompagnano.
Magari qualche lungaggine c’è, magari Al Pacino lo meritava comunque un riconoscimento, e il giudizio del tempo ha premiato Coppola e non il misconosciuto Mazursky, Pacino –appunto- e non il buon Carney, ma Harry e il suo Tonto io me li porterò nel cuore per un po’.
Regia Paul Mazursky
Sceneggiatura Paul Mazursky, Josh Greenfeld
Musiche Bill Conti
Cast Art Carney, Herbert Berghof, Philip Bruns, Tonto
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Ai gatti nemmeno io so resistere.
RispondiEliminaAi vecchini invece sì, quindi mi sa che a questo film a quanto pare non troppo indimenticabile posso nel complesso anche resistere. ;)
É anche piuttosto datato, purtroppo, ma io al fascino di Tonto non ho saputo dir di no ;)
EliminaConoscevo questo film, molto bello. La trama ricorda un po' quella di "Umberto D." di De Sica, ed ebbe le stesse difficoltà: fu accusato di "sporcare" l'immagine degli Stati Uniti descrivendo una realtà amara del Grande Paese. Bravissimi i protagonisti (gatto compreso ;) )
RispondiEliminaLa New York che racconta, e l'America che rimpiange il protagonista, non ci sono più da tempo. Il film nonostante l'Oscar é davvero finito nel dimenticatoio, peccato, anche per il gatto ;)
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