È difficile parlare di Doctor Who a chi Doctor Who non lo segue.
Anche perchè, prima di iniziare a parlarne, un'unica domanda sorge spontanea: perchè?
Perché non seguire una delle serie più longeva della TV, una serie che anche se arrivata alla decima stagione nella sua nuova veste, non perde un colpo?
Una serie che soprattutto in questo decimo anno, assesta uno dopo l'altro colpi da maestro, con episodi da incorniciare, e che fanno da subito battere il cuore sapendo che Peter Capaldi, che Twelve, se ne andrà per sempre alla fine di questo ciclo, al prossimo episodio natalizio.
E sì, lo so che le stagioni sono tante, che gli effetti speciali lasciano un po' a desiderare, che spesso le trame si ripetono, o meglio, i nemici si ripetono, ma tutto questo presto si assimila, anzi, fa entusiasmare ancora di più.
Quindi, questa premessa per voi che la serie non la seguite, che non sapete che farvene di questo post celebrativo, è per convincervi a iniziarla, troverete emozioni, pathos, azione, troverete lacrime e sceneggiature, dialoghi, da applausi.
Ma veniamo al sodo, veniamo alla nuova companion, che ha l'arduo compito di sostituire quell'impossible girl di Clara.
La prescelta, è Bill Potts.
E per non badare alle minoranze, è di colore, è lesbica. Ma è soprattutto intuitiva e intelligente, aperta e sensibile, è buffa e ironica e cade a pennello al fianco di un Dottore quanto mai scorbutico e solitario, ora professore universitario che dalla Terra non si può muovere. A fare da spalla comica, il fido Nardole, che più che spalla, è anche guardiano, custode del Dottore a impedirgli di lasciare la Terra, di lasciare incustodito un segreto caveau e quello che -o meglio chi- contiene.
I primi episodi, come detto, hanno tutti il loro perchè, si inizia bene con un The Pilot piuttosto da brividi, si prosegue con il distopico Smile e si fa un tuffo -in tutti i sensi- nel passato con Thin Ice, e con i toni da vero e proprio horror di Knock Knock. Poi arriva Moffat, e come sempre chiama a sé feels e richiami al passato, scopre le carte e chiama a raccolta vecchi personaggi, creando poi una nuova storyline che prosegue e vede il Dottore in crisi, il mondo stesso in crisi.
Il finale, doppio, è ancora più emozionante e riserva colpi a sorpresa da maestro (sic), in cui anche se si corre contro il tempo e il tempo lo si fa correre troppo, l'emozione ha la meglio.
L'emozione di trovarsi di nuovo ad una fine che è un inizio, a una rigenerazione con cui fare i conti e a cui abituarsi.
Già si è in lutto, e così quel Capaldi che inizialmente e stupidamente mal sopportavo, lo si saluta a fatica, lui che regala interpretazioni sublimi, chiude con parole splendide, lui che cerca di resistere e promette un episodio natalizio con il botto.
E ci si crogiola allora grazie a dialoghi forti, grazie a riferimenti all'oggi, alla tecnologia imperante e pure a Trump, messi a puntino, ci si entusiasma per monologhi dottoriani, per un'ironia arguta e un prendersi gioco di sé che personaggi come Missy e Nardole permettono.
Con il nuove Dottore, con una probabile nuova companion, ci sarà pure anche un nuovo showrunner a prendere in mano le redini della serie, troppi cambiamenti -forse- da digerire tra le lacrime.
Ma dove ci sono lacrime, ci insegna il Dottore, ci insegna Moffat, c'è speranza.
Doctor Who rientra tra le mie grandi lacune telefilmiche.
RispondiEliminaPerò la sua longevità per me è uno scoglio insormontabile. Da dove iniziare una serie con così tante stagioni e cambi di interprete?
Lo era anche per me, visti anche i tanti speciali fatti qua e là, non sapevo come orientarmi. Il consiglio è di provare con la prima stagione della nuova serie, e sì, i primi episodi sembreranno brutti e pasticciati, ma con l'arrivo di Tennant pure tu potresti innamorartene ;) e ne vale la pena, vista la sceneggiatura che non perde un colpo.
EliminaIo medito di vedermi anche tutti gli episodi della vecchia serie anni '60 quest'inverno, sarà una dura impresa, ma devo colmare anch'io le mie lacune.