10 ottobre 2018

BLACKkKLANSMAN

Andiamo al Cinema

- Ma tu l'hai mai vista una persona di colore votare Lega?
- Ma che dici! Dai, è come se un afroamericano si iscrivesse al Ku Klux Klan!

Ah.


- E quindi vuoi dirmi che è possibile che un afroamericano si sia iscritto al KKK?

Ah.


- Non hai mai sentito la storia di Ron Stallworth? L'agente in incognito che si è infiltrato tra le fila del KKK  a Colorado Springs?

- No. Ma incognito come? Si è mica sbiancato, si è mica truccato fingendosi bianco come nelle peggiori commedie goliardiche, o peggio, come nei peggiori film muti dove però erano i bianchi a colorarsi di nero e dar vita a stupri, rapine ecc.?

- Ma no! Un agente sotto copertura per telefono, che si finge bianco dietro una cornetta, come se le parlate fra due pelli diverse poi, fossero altrettanto diverse! Nel mentre un altro agente sotto copertura, (bianco sì, ma ebreo), si finge lui, si finge interessato ad entrare nel Klan, pardon, nell'Organizzazione, e carpirne i segreti, e possibilmente prevenire attacchi e violenze.
Facile, no?


- Insomma. Non siamo nei digitali anni '70? Nei lontanissimi anni '70, quelli violenti in cui gli studenti protestano per i loro diritti, gli afroamericano per le violenze che subiscono dalla polizia razzista?

- Ah.


Sì, vero. Sono gli anni '70 che come già mostrato in Detroit sono drammaticamente simili ad oggi.
Ma in tutto questo ci sguazza alla perfezione Spike Lee, che torna in formissima, sviscera comizi, riflessioni, poesie, sguinzaglia il suo humour più nero, si ispira, omaggia e cita eroi ed eroine di colore di quegli anni, dichiara l'intento di questi film, del suo film: entrare nella testa del pubblico e cambiarlo, come tristemente era riuscito a fare Nascita di una Nazione di Griffith.

Già.


E i parallelismi tra ieri e oggi non sono finiti, abbondano, e si diverte Spike ad alternare i due mondi, le due Organizzazioni: quella di studenti, che chiede giustizia, che ricorda le sue vittime e si indigna, quella dei bianchi che si basa su luoghi comuni, che con i loro lenzuoli e le loro bevute e le loro sparate e sparatorie provoca nel nome dell'ignoranza, tenendo d'occhio il nuovo arrivato Ron, preparando davvero una strage.
Così, pure un poliziotto sui generis come Flip Zimmerman cambia e apre gli occhi, così Ron acquista valore all'interno del dipartimento scoprendo altarini, anche se il loro rapporto -per fortuna- non arriva mai ad essere quello tipico dei buddy movie. C'è più serietà, anche quando ci si rilassa.


L'instancabile Adam Driver conferma di farcela a discostarsi dagli ormai vecchi ruoli indie, John David Washington non ha certo il carisma del padre Denzel, ma gli si vuole bene. Poi sì, c'è un irriconoscibile e redivivo Topher Grace e c'è -stoccata iniziale- Alec Baldwin, lui, ormai più famoso per essere l'imitatore di Donald Trump, e se pensate che sia un caso, non conoscete Spike che sparge frecciatine in continuazione nella sua sceneggiatura.
Perché anche se qua e là la storia si dilunga, se la splendida colonna sonora 70's non sempre sottolinea a dovere le scene più concitate ed emozionati, se lo humour è a tratti un po' arretrato, la vera stoccata, quella decisiva, arriva alla fine, dove ogni parallelismo, ogni filtro viene abbandonato, e quella che era finzione, quello sembrava un mondo troppo distante e superato per poter essere ancora vero, vero lo è.
Oggi.
E così, BLACKkKLANSMAN si fa manifesto, si fa urlo di protesta, si fa commedia geniale capace di smuovere coscienze.
Aprite gli occhi, aprite le orecchie, rimanete combattenti.

Voto: ☕☕½/5


10 commenti:

  1. Film su cui ho sentito soltanto cose belle, ma che non sono corso a vedere subito al cinema, non amando né Lee né Driver. Aspetterò, a questo punto, sperando di recuperarlo entro la fine dell'anno. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Diciamo che hai fatto bene se aspetti la v.o., l'uso della voce e degli accenti si fa fondamentale, non so come sia stato reso il doppiaggio. In ogni caso, non sapevo cosa aspettarmi, e anche se qualche difettuccio gliel'ho trovato, il messaggio finale è grandissimo ;)

      Elimina
  2. Bellissimo film, Spike Lee si è ripreso alla grande. Il monologo di Belafonta fa venir i brividi!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quel monologo, saggiamente intervallato all'altra Organizzazione, colpisce allo stomaco. Spike è davvero tornato!

      Elimina
  3. Lo devo ancora vedere, anche se Spike ultimamente mi aveva parecchio deluso.
    Io che vivo da immigrato in Svizzera, resto sempre colpito quando sono anche gli stessi immigrati arrivati qui in cerca di libertà, lavoro, pace a scagliarsi poi contro gli ultimi immigrati arrivati o contro tutti quelli che non fanno parte del loro paese d'origine.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Capisco il disappunto, è una di quelle lamentele che i detrattori non colgono: figli/nipoti/giovani che vanno all'estero in cerca di fortuna sì, immigrati che scappano da situazioni ben peggiori per un po' di speranza e pace, no.
      Mah.
      Spike Lee comunque è tornato ai fasti di un tempo, politico e ironico, non risparmia nessuna frecciatina, vedrai.

      Elimina
  4. Recensione orignale e simpaticissima, complimenti! :)
    Sono d'accordo: la stoccata arriva alla fine, in quelle immagini che in molti hanno criticato ma che sono l'essenza stessa del cinema di Spike Lee. Senza quelle immagini, non sarebbe un film di Spike Lee...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie! Quelle immagini sono per me un modo per ribadire in modo più esplicito il motivo dietro al film, che cita e ricita gli slogan trumpiani, che dichiara l'importanza dei film, e quindi di film come questi.

      Elimina
  5. Dovrò superarmi per riuscire a superare questa tua recensione. ;)
    L'inizio soprattutto potrei averlo scritto io... :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi è uscito un post molto Cannibale, lo ammetto. Ma visti i riferimenti non troppo velati che mette pure Spike all'oggi, qualcosa di diverso -con qualche frecciatina- ci stava.

      Elimina