8 ottobre 2018

Il Lunedì Leggo - Che tu sia per me il coltello di David Grossman

Altro lunedì, altra prima volta.
Questa volta, con David Grossman, autore amatissimo, citatissimo, che sempre trovo negli scaffali altrui, in bella vista nelle librerie.
Il momento di affrontarlo è arrivato, e anche se quel A un cerbiatto somiglia il mio amore tentava di più, una copertina, un titolo come quello di Che tu sia per me il coltello hanno avuto la meglio.



La partenza è bellissima.
Lui, Yair, vede lei, Myriam, ad una festa. La osserva, scorge una certa malinconia dietro il suo sorriso, e decide che deve scrivergli una lettera, deve confessare a lei tutti i suoi segreti, i suoi pensieri, creando un filo che li lega, ma che si spezzerà in un tempo determinato. Niente incontri, niente corpi che si uniscono, solo fantasie, verità, che prendono piede e si sfogano su carta.
Accetti, Myriam?
Accetta, ma viene prima subissata di lettere che sanno di ossessivo, sanno da compulsivo, con il corpo che diventa troppo spesso protagonista, con Yair che non aspetta risposte, scrive e scrive, psicoanalizza, scandaglia Myriam, la sua vita, usando la penna come un coltello, spiattellando i suoi timori, verso una moglie amata, verso un figlio amorevole, verso una vita a cui manca qualcosa.
Le risposte di Myriam non le leggeremo mai.
Le si intuiscono, qualche pezzo nella follia finale che prende Yair lo veniamo pure a sapere, ma di Myriam conosceremo solo le confessioni a cuore aperto che delega ad un diario, un quaderno che non può essere spedito a Yair, con il termine del loro contratto giunto al termine.
E qui conosciamo una Myriam fragile e forte, madre pur non avendo un figlio suo, sposa pur tenendo altre porte aperte. Conosciamo una persona che a quelle lettere si è aggrappata, trovando alla fine se stessa.
E viene quasi da giustificarlo, capirlo, Yair, ringraziarlo per l'aiuto e la stupenda idea.
Ma in realtà, si fatica.


Si fatica ad andare avanti nella prima parte maschile del libro, che gronda ormoni, gronda ossessioni, e si fa insopportabile. Un flusso di coscienza che sembra scritto da uno stalker. Lunga e spossante, la si continua a leggere solo per trovare fiato fra le pagine molto più composte e sentite di Myriam.
Il finale, poi, in cui sono le loro voci, i loro pensieri in presa diretta a venire trascritti, mostra ancora una volta la diversità che li separa e che ci fa odiare uno, compatire l'altra.
C'è da ammettere che i romanzi epistolari non fanno per me, preferisco l'azione, i dialoghi, le descrizioni, preferisco personaggi raccontati in terza persona, o in una prima più rispettosa. Riempire buchi, pensare a risposte, non mi va in fase di lettura.
Partivo quindi già svantaggiata, con qualche pregiudizio, ma vederli confermati, attraverso un personaggio davvero difficile da amare e da giustificare, attraverso una storia che poteva essere diversa e una così netta diversità fra le parti, ha reso questa prima volta una vera delusione.

2 commenti:

  1. Romanzo, in effetti, che da sempre mi ispira più per il titolo - tutti bellissimi quelli dell'autore, difficile scegliere - che per il contenuto. Neanche io sono un fan dei romanzi epistolari, anzi: ho apprezzato giusto Le ho mai raccontato del vento del nord, con le email al posto delle lettere, e una di quelle storie d'amore un po' indie che tanto ci piacciono.

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    1. Mi hai fatto ripensare alla Gamberale de L'amore quando c'era, anche lì lo scambio di messaggi/mail non mi infastidiva, e l'amore faceva capolino come piace a noi. Il titolo che mi consigli poi è altrettanto intrigante, grazie ;)

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