27 ottobre 2018

Disobedience

Andiamo al Cinema

Ronit torna a casa, il padre è morto.
Un tema classico, nel cinema.
Ma Ronit non è una protagonista come tutte le altre e soprattutto la sua casa non è come tutte le altre.
Ronit è un'artista, una fotografa a New York, che da casa -Londra- è scappata. Per sempre, pensava lei.
Abbandonando così quel padre che l'ha disconosciuta, quegli amici che l'avevano protetta, quella comunità all'interno del quale era cresciuta.
Quella comunità, è quella ebraica ortodossa, immersa in un mondo a sé rispetto alla moderna, caotica Londra, ancorata ad antiche tradizioni, antiche leggi.
Ritornare, significa scontrarsi ancora una volta con il passato, con un passato che sembra ancora più remoto fatto di una lingua, di saluti, di convenzioni e di parrucche che isolano, mascherano, ma collegano a Dio.
Ritornare significa anche fare i conti con quello che lì si è lasciato, un'amica, un amore che quella comunità non poteva e non può accettare.



Nonostante il poster, il trailer, tutto mostri che si parlerà di questo amore lesbico, che questo peccato sta al centro del film, sarebbe stato più bello non saperlo. Scoprire poco a poco, con i giorni e le ore che passano, con gli scontri, gli sguardi che si intrecciano, quella passione, quel sentimento che il tempo non ha fatto dimenticare.
Invece lo si sa, lo si aspetta, e quando Ronit e Esti si lasciano andare, è come un sospiro -per quanto lungamente e intensamente mostrato- che si lascia andare.
Gli scontri che allo stesso modo ci si aspetta, sono più subdoli, sono malelingue, rapporti ufficiali.
Contano più quelli interiori, che spaventano Ronit e soprattutto Esti, il venire a patto con quello in cui si è sempre creduto, voluto.


Sebastián Lelio dopo Una donna fantastica parla ancora di minoranze, di difficile accettazione e di patti con gli altri, con se stessi.
Parla di donne, soprattutto, diverse.
Lo fa con colori più freddi, e purtroppo anche con più freddezza.
Per quanto le due attrici siano bravissime, bellissime, manca qualcosa, del sentimento, del coinvolgimento.
Sarà l'accento marcatissimo di Rachel Weisz, sarà quanto appare dimessa Rachel McAdams, ma anche se tutto mi è sembrato ben raccontato (l'inserimento di Love Song dei Cure vale da sé una standing ovation), se il finale sa come colpire, mi è mancato qualcosa, quel guizzo, quel non so che a rendere davvero speciale il film.

Voto: ☕☕/5

5 commenti:

  1. Anche per me, purtroppo, passo indietro per Lelio. Film un po' piatto e pallido, nonostante la botta di emozione del finale, con due attrici bravissime, su quello non si discute (l'accento della Weisz lo avevo trovato irritantissimo anche in The Lobster, mentre la McAdams in sordina per me qui è al suo meglio). Soprendente Nivola, non il solito terzo incomodo.

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    1. L'atmosfera grigia e fredda non ha aiutato a farmi scaldare il cuore, anche Nivola che nel finale regala l'emozione più grande, sembra spento dalla comunità rappresentata.

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  2. L'effetto sorpresa manca per via del fatto che il film hanno dovuto venderlo, e quindi puntare sulla scena lesbo. Però l'ho trovato molto bello comunque.

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    1. E si sa cosa tira più di un carro di buoi ;) Diciamo che saperlo ha rovinato la prima parte del film, poi ci si è messo un certo grigiore, ma il finale e loro due un riscatto me l'han dato.

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  3. Il film mi è sembrato molto freddo e pasticciato.

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