Ogni tanto ce lo dimentichiamo, ma abbiamo due papi.
Due papi.
Non succedeva dal 1200, anche se come dice una battuta tedesca che non fa troppo ridere, nel 1978 ne abbiamo avuti 3.
Due papi, si diceva, ed è un evento epocale che meritava di finire sotto i riflettori.
Stranamente, non si aspetta che uno dei due non ci sia più, però.
Lo si fa ora, ora che entrambi vivono nel Vaticano, ora che il papato del subentrato Francesco non appare più così volitivo, così rivoluzionario, come si credeva all'inizio.
Ma partiamo dall'inizio, partiamo dalla morte di Papa Giovanni Paolo II e dal concilio di vescovi.
Che diventa una sfida a due, che diventa un modo per la Chiesa di schierarsi: la tradizione rappresentata da Ratzinger da una parte, la modernità rappresentata da Bergoglio dall'altra.
Due uomini che sono due idee.
Due uomini che sono due mondi.
Due uomini così distanti, non solo geograficamente, che si ritrovano dopo otto anni a discutere, confrontarsi.
Lo fanno perché senza saperlo entrambi vogliono lasciare. Vogliono gettare la spugna.
Lo fanno sapendo che uno raccoglierà la sfida lasciata sospesa dall'altro.
E allora parlano, condividono cene, suonate al pianoforte, pizze.
Parlano, e si ascoltano, si giudicano, ma prima di tutto cercano di capirsi.
Di capire gli errori e il percorso di tali errori, di capire le ragioni, l'invidia, il velato disprezzo che provano l'uno verso l'altro.
Come se fossero in un campo da calcio, come se stessero ballando un tango.
E allora il cattivo smussa i suoi angoli e mostra la sua umanità, il buono mostre le sue ombre.
Da un film così dichiaratamente di idee, da un film che di Chiesa e dei suoi uomini e dei suoi intrighi parla, ti aspetti una certa noia.
Una certa seriosità.
Per fortuna la sceneggiatura di Anthony McCarten (abituato ai biopic e agli Oscar -sue le sceneggiature de La teoria del tutto, L'ora più buia, Bohemian Rhapsody) evita tutto questo, conferendo un certo ritmo, una certa leggerezza nel confronto fra queste due menti.
Aiutano due attori che si calano perfettamente nel ruolo, due fuoriclasse come Anthony Hopkins e Jonathan Pryce le cui candidature sono sacrosante (ahah).
Ma se la sceneggiatura sorprende, fa riflettere, apre spiragli, mescola finzione e realtà, è a sorpresa la regia di Fernando Meirelles a lasciare a desiderare, con riprese al limite del televisivo, ricostruzioni che pur avendo il loro peso storico non ne hanno la patina.
Non sarà volutamente eccessivo come Sorrentino, non sarà profondo come Moretti, ma questa nuova incursione in territorio Vaticano ha dalla sua la capacità di non affaticare, di non annoiare.
Di accendere domande e di trovare risposte.
Anche se in fondo, come sempre, è tutta questione di fede.
Voto: ☕☕½/5
Il papa è uno e si chiama Francesco. Ha sostituito Ratzinger che si è dimesso per le sue colpe. Il silenzio sulla pedofilia.
RispondiEliminaLa Chiesa veicola il divino servendosi dell'umano che lo vediamo ogni giorno commette crimini tremendi.
Il primo papa, Pietro era un vigliacco, Cristo lo sapeva che l'avrebbe rinnegato tre volte prima che il gallo cantasse.
Una Chiesa amministrata direttamente da Dio è il Regno dei cieli e lì non esiste il peccato. Il compito della Chiesa è quello di rivelare la verità e di aiutare l'uomo. Avviene, malgrado le nefandezze quotidiane del clero.
Sorrentino esagera enfatizzando la triste realtà del Vaticano. Sorrentino imbroglia e avvelena l'uomo che segue le sue opere.
Qui siamo molto distanti da Sorrentino, a volte per fortuna, altre purtroppo.
EliminaNon so perché, io l'ho adorato proprio.
RispondiEliminaLieve, umano, scritto benissimo, flashback a parte.
È la visione che meno mi è pesata, e Hopkins meriterebbe ben più dell'inutile Pitt.
Ripeto: questa tua passione per questi papi mi lascia basita :) Male non sono, fortunatamente più leggeri del previsto, ma molto meglio Pitt a petto nudo sul tetto.
EliminaChe voglia di guardare un film sui due papi. Come no? :)
RispondiEliminaIl fatto che dici che non è noioso è già un bell'incoraggiamento, anche se non so se è abbastanza per farmi venire voglia di recuperare questo film. Lo sceneggiatore però con i suoi precedenti lavori è stato particolarmente abile a "fregarmi" e anche in questo caso ce la potrebbe fare...
Potrebbe fregarti anche in questa occasione, anche se il problema qui è il regista che fa un compitino più televisivo che mai, nonostante ci sia Netflix dietro.
Elimina