11 luglio 2020

Matthias & Maxime

Andiamo al Cinema 

Matthias e Maxime.
Matthias e Maxime e Frank e Rivette e Shariff e Sarah.
E Xavier Dolan, che torna a dirigere un film piccolo solo all'apparenza, senza grandi nomi, senza grandi star.
Torna e lo fa con Matthias e Maxime.
Amici da sempre, sempre insieme.
Nonostante le differenze.
Che stanno sotto la voce famiglia (stabile nonostante il divorzio quella di Matt, disfunzionale quella di Max composta da una madre violenta e tossicodipendente) e che sta soprattutto nel saper ammettere chi si è.
Se Max vive la sua sessualità in modo fluido e aperto, facendosi problemi solo per quella macchia che copre metà del suo volto e per quella famiglia da cui vuole fuggire il più lontano possibile, Matthias sta con Sarah, sta con un lavoro da colletto bianco e pensa che la sua vita perfetta sia stretta. Già finita.
Con amici troppo chiassosi e colorati a mettere in dubbio ogni sua scelta.
E Maxime?
Loro che sono amici, forse qualcosa di più, che si cercano e si compensano?
Che finiscono per baciarsi a favore di telecamera, per il più sperimentale e banale dei progetti universitari di un'aspirante regista?
Quel bacio cambia tutto, il resto degli amici lo sa, lo capisce.
Si allontanano Matthias e Maxime, cercando ognuno la sua risposta.
Maxime è pronto a mollare il Canada per due anni in Australia, Matthias non è pronto per una promozione, per quello che quel bacio ha riportato a galla.



Matthias & Maxime inizia in una festa in riva al lago, prosegue per festicciole in giardino, cene di gruppo e party di addio.
Con Matthias e Maxime sempre assieme, assieme a Frank e Rivette e Shariff e Sarah e tutti gli altri, genitori compresi.
Ma il film non è corale, perché lo sguardo è sempre puntato su di loro, Matthias e Maxime, su quella tensione che si sente e che sale, sulle scelte, le risposte, le offese che ne nascono.
Xavier Dolan decide di farci sentire l'oppressione di questa situazione, stando stretto stretto, addosso ai suoi personaggi. Che parlano, chiacchierano, si confrontano, come quegli amici che hai e a cui vorresti aggiungerti.
Stretti in questi spazi, il bisogno di libertà si fa sentire.


Ma aggiunge sempre troppo, Xavier Dolan: aggiunge flirt e cotte non corrisposte, aggiunge un avvocato in trasferta che ha il volto noto di Harris Dickinson, aggiunge feste e code a queste feste.
L'ultima parte si fa così più pesante e confusa del previsto, con quell'inizio alla festa al lago a rimanere insuperabile.
Ma come sempre, Xavier Dolan sa quello che fa.
Lui che scrive, dirige, monta e interpreta arrivando a citare Titanic, accumula momenti per regalarci poi quel finale di speranza.
Come sempre, le musiche sono parte del racconto e le composizioni a pianoforte di Jean-Michel Blais convivono tranquillamente con Britney Spears, Pet Shop Boys e Florence + The Machine, come la più eclettica delle menti.
Un passo indietro rispetto alle grandi produzioni a cui era arrivato con È solo la fine del mondo e John F. Donovan, un passo in avanti rispetto a questi, tornando a raccontare di rapporti difficili, di amicizie importanti e madri ingombranti, ritrovando la fida Anne Dorval che ruba con facilità la scena. Regalando momenti intensi, davanti uno specchio, con le luci che fanno le bizze.
Io ritrovo tutto questo finalmente al cinema, in quel grande schermo che non vedevo da inizio marzo, a Berlino.
Mettendo in un angolo le paure, abbassando la mascherina, perdendomi in questi accenti americani/canadesi/francesi.
È stato come tornare a casa.
Farlo con quello che ormai sembra un amico, lo è stato ancor di più.


Voto: ☕☕½/5

6 commenti:

  1. Non vedo l'ora di vederlo! Purtroppo qui i cinema ancora niente, se non le rassegne all'aperto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Strano ma vero il multisala di fiducia lo ha tenuto per due settimane, ma sono andata al multisala più d'essai a Padova dove c'era l'opzione v.o.... non che il canadese/inglese/miscuglio di accenti fosse facile da seguire, ma per il ritorno al cinema se lo meritava!

      Elimina
  2. Il film non l'ho ancora visto, putroppo. E se è un passo avanti rispetto alle sue ultime "grandi" produzioni, che a me comunque erano piaciute decisamente, promette davvero bene.

    Fa piacere poi sentire parlare di cinema al cinema, dopo tanto tempo. ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. È stata una bellissima emozione tornarci, farlo poi con un film piccolo ma in realtà più sentito ha reso speciale la serata.

      Elimina
  3. Non mi è dispiaciuto, è un film intenso e viscerale come quelli degli esordi... la sensazione però è che Dolan si stia avvitando un po' su se stesso, ormai non è più un enfant-prodige e dopo otto film si fa fatica a sorprendersi, a vedere spunti nuovi. I temi sono sempre quelli e, per quanto meritevole sia la messinscena, ci si comincia un po' a stancare.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Fortunatamente di lui non mi stanco, mi piace riconoscere la sua firma sulle canzoni scelte, sul modo di girare certe scene. I temi saranno quelli, ma trattandoli con la sua delicatezza riescono sempre a coinvolgere. Qui, poi, tornando a lavorare con attori non così conosciuti, sembra davvero più a suo agio.

      Elimina