28 maggio 2021

Il Divin Codino

Andiamo al Cinema su Netflix

Baggio mi aveva già fatto piangere una volta.
Era una sera d'estate, va a capire come e perché a fare zapping mi sono imbattuta su Sfide, di Rai3. Il ritratto della serata era il suo: Roberto Baggio.
Una vita di dedizione e infortuni, di rinascite e vittorie, e di altre cadute.
All'improvviso, uno striscione sugli spalti: "Dio c'è, e ha il codino" e io mi ritrovo in lacrime.
Forse è stato per il legame che, da vicentina e figlia di un tifoso del Vicenza, con Baggio ho.
O per quella somiglianza a mio zio.
Forse è stato per quell'umanità, quella semplicità, che Baggio sa emanare.
Non pensavo, però, di ricaderci.


Di piangere ancora di fronte a un ritratto di Roberto Baggio soprattutto se questo è un film di finzione, targato Mediaset-Netflix, che cerca di condensare in appena 90 minuti (scelta non scontata, immagino), la sua carriera.
Impossibile, ovvio.
E infatti si sceglie di saltare anni, di menzionare di sfuggita contratti e successi, militanze e cessioni.
Il focus è quel maledetto rigore della finale a Pasadena del '94.
Quel rigore che finisce in cielo, alto, lì dove Baggio non l'ha mai tirato.
Un'ossessione che parte da quando era bambino, da quanto a soli tre anni vedendo il padre in lacrime per la vittoria sfumata dell'Italia gli promette di vincerlo lui, un Mondiale contro il Brasile.
Un'ossessione che continua, che lo stimola e lo frena, che lo porta a un passo dal sogno e poi in fondo a un baratro.

Di pari passo, allora, è il rapporto con un padre duro, ma giusto.
Un padre che ha altri 7 figli Baggio da crescere, e quindi non sono certo contratti miliardari a fare la differenza.
Mai una parola di troppo, mai un bravo, sempre durezza e presenza.
E poi, il buddhismo, che lo mette nella giusta prospettiva, che converte pure una moglie sempre presente, che fa da collante al suo esserci.


Questi i focus.
Inutile nasconderlo, però: ci si aspettava più calcio, più maglie, più squadre, più campionato.
Forse ci voleva una miniserie per contenere tutto.
Invece Il Divin Codino congela anni e momenti, parlando di poco -forse davvero troppo poco- ripetendo fino allo stremo quell'ossessione per la finale con il Brasile, ma alla fine, colpendo giusto.
Arrivando al cuore, mettendocene tanto di cuore, per raccontare la storia di un calciatore che sbaglia il rigore decisivo e forse anche per questo è stato così amato.
Un giocatore che gli allenatori non sanno capire, tranne uno -l'ultimo- che diventa un padre putativo e quello che sa come dargli affetto, mettendogli la palla ai piedi.


Andrea Arcangeli, che ha l'ingrato compito di interpretare un'icona vivente, è impressionate: una somiglianza che fa pensare alla tecnica del ringiovanimento di Scorsese, che mette i brividi e lascia senza parole.
Sembra di rivederlo lì, sul campo, Baggio.
Il pensiero corre al Totti di Pietro Castellitto, che se a livello di scrittura e creatività vince, perde in fatto di aderenza. Speravo de morì prima si prende gioco de Er Pupone, qui, invece, ci si prende tanto sul serio, ma nel modo giusto.
Non a caso, è uno come Andrea Pennacchi a stracciare il cuore.
Ed è proprio lì, sul finale, mentre credi che le note da stadio di Diodato siano eccessive a rovinare un finale perfetto, che ti colpisce quella strofa, quel:

Lo so potrà sembrarti un'esagerazione
Ma pure quel rigore
A me ha insegnato un po' la vita

E ti ritrovi in lacrime.
Ancora una volta.
È l'effetto Baggio, l'effetto delle persone per bene, delle storie più belle anche quando condensate.

Voto: ☕☕/5

10 commenti:

  1. Risposte
    1. O al bar?
      Qui Pennacchi fa un gran lavoro, di cuore ce ne ha messo tanto!

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  2. Sfide un programma meraviglioso, Baggio e non solo, comunque quell'errore mi fa piangere il cuore ogni volta, e mi dispiace, non lo meritava, questo film però mi interessa ;)

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    1. Questo film che analizza tormenti e ossessioni dietro quel rigore è perfetto per te, allora.
      Preara i fazzoletti, però.

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  3. Da piccola avevo una gran cotta per Baggio, che dispiacere per quel rigore, ricordo le urla dei miei genitori e zii davanti alla tv. Mi hai proprio fatto venire voglia di vederlo!

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    1. Era un mito anche per me, e una cotta potrei prendermela adesso per Arcangeli ;) Il film, con i suoi difetti, si lascia vedere che è un piacere!

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  4. Raccontare in 90 minuti la carriera di Roberto Baggio era un'impresa impossibile, e infatti (giustamente) il film non lo fa, concentrandosi sull'uomo invece che sul giocatore: per questo non piacerà ai calciofili, che non si sentiranno rappresentati (in particolare juventini, interisti e milanisti) ma piacerà al pubblico di Netflix. Un prodotto abbastanza televisivo, con molte ingenuità e luoghi comuni, ma che riesce ad arrivare al cuore, specie nel finale, restituendo un'immagine (per me) piuttosto vicina alla realtà. Non mi è affatto dispiaciuto (ma io forse non faccio testo... sono "baggista" da sempre)

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    1. La sensazione di "ci voleva una miniserie" per raccontare tutto c'è, ma scegliendo di concentrarsi su una singola ossessione e sul Baggio uomo, il film riesce a reggere, e soprattutto ad arrivare al cuore. Baggiofila lo sono anch'io, quindi forse faccio meno testo :)

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  5. Il film è tutt'altro che impeccabile. Però la cosa importante è che sa emozionare, e quindi va bene così.

    Speravo de morì prima è burino e simpatico, perfettamente nello stile di Totti. Questo è più serio, essenziale, parecchio nello stile di Baggio.
    Si poteva fare di meglio, ma d'altra parte anche Baggio poteva fare di meglio, se in quel fatidico rigore non avesse sparato il pallone sulla Luna, ahahah.

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    1. Povero Baggio, chissà che il film lo aiuti ad esorcizzare quel momento e a fargli capire ancora una volta quanto gli si vuole bene, anche per quel rigore.

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