4 novembre 2016

Io, Daniel Blake

Andiamo al Cinema

Io, Daniel Blake, sono una persona buona.
A tratti forse anche buonista, visto come mi prodigo per il prossimo senza mai chiedere nulla in cambio, che sia il mio giovane vicino dagli strani traffici, che sia una sconosciuta alle prese come me con la burocrazia.
Sono fatto così, io, se vedo qualcuno in difficoltà, più in difficoltà di me, lo aiuto.
Io, Daniel Blake, sono un gran lavoratore.
Ho lavorato tutta la mia vita il legno, nelle piccole e grandi imprese, intaglio oggetti nel tempo libero, ho costruito i miei mobili, e visto che ne sono capace, aiuto a sistemare la casa di quella sconosciuta, una casa che non è certo una reggia, ma che le è stata assegnata.
Io, Daniel Blake, da gran lavoratore, non posso più lavorare.
Un infarto mi tiene fermo, bloccato in una situazione paradossale: i miei medici mi negano il permesso di tornarci, a lavorare, per la burocrazia dello Stato sono invece abile e pronto a tornarci, a lavorare.
E come faccio?
Se mi negano l'assegno per disabilità, che almeno mi diano quello per disoccupazione, anche se significa entrare in un mondo nuovo, on line, anche se significa rifiutarlo, quel lavoro che trovo, visto che per i medici a lavorare non posso andare.
Io, Daniel Blake, questa situazione come faccio a reggerla?
Questa burocrazia kafkiana, fatta per indebolire me e quelli come me, i buoni, ma non solo, chi vorrebbe rimettersi in sella, evitare di scendere ancora più in basso?



Io, Daniel Blake, ha vinto la Palma d'Oro all'ultimo Festival di Cannes.
Una Palma d'Oro ancora una volta politica, ancora una volta ancorata all'anno che stiamo vivendo: quello della Brexit, della crisi lavorativa, dei burocrati e delle loro leggi assurde e contraddittorie.
La lotta di Daniel, inarrestabile, la sua discesa in inferi fatti di carte, timbri, attese, Ken Loach ce la mostra da regista combattente, e se sceglie un protagonista buono, a tratti buonista, e se in alcuni momenti sembra cedere al ricatto per una lacrima facile, intinge il suo film nella realtà.
E così, Daniel, lo si accompagna nei suoi giorni di lotta, in giorni che sembrano sempre più duri, difficili da riempire, mentre trova un senso, uno scopo nell'aiutare la giovane madre Katie, spaesata in quel di Newcastle, che un lavoro non lo trova, un aiuto nemmeno.
La loro amicizia, strana, sì, sincera, dà calore ad un film in cui quel freddo inglese lo si sente tutto.


Ma c'è calore, in Daniel Blake, c'è calore in un film che pur commuovendo, lo fa nel modo giusto, attraverso dialoghi toccanti, momenti potenti. Lo fa non cedendo al lieto fine, anzi, ricordandoci la lotta continua e stremante, che logora giorno dopo giorno.
Ken Loach osserva, si schiera in modo silenzioso, registrando quanto avviene.
Il lavoro più duro lo portano a casa un immenso Dave Johns, affabile, naturale, e l'espressiva Hayley Squires, aiutati da una sceneggiatura che in mezzo al dramma più nero, sa aprirsi ad attimi da commedia nel più tipico umorismo inglese, che fa breccia nelle battute e nei modi disincantati di Daniel.
Il risultato è un film forte, attuale, che parla dell'oggi, del noi, degli invisibili che lottanosvendendosi pezzo dopo pezzo.
Continuando sempre a combattere, come Ken Loach, come Daniel Blake.


Regia Ken Loach
Sceneggiatura Paul Laverty
Musiche George Fenton
Cast Dave Johns, Hayley Squires
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10 commenti:

  1. Devo andare a vederlo in questi giorni, tutti i tuoi rimandi al buonismo non mi intimidiscono! ;)

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    1. Quel buonismo non ha fermato nemmeno le mie lacrime, tranquillo: c'è, ma non dà alcun fastidio, anzi, è necessario.

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  2. Spero sia un film buono, e non buonista. ;)

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    1. Essendo molto fordiano, forse ci vedrai troppo buonismo. Ma ovviamente spero di sbagliarmi.

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  3. Loach spacca quasi sempre.
    Non vedo l'ora di vederlo.

    E gran bel post.

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    1. Grazie! Attendo il tuo, questo è davvero pane (e salame) per i tuoi denti ;)

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  4. E' sempre difficile nei film di Ken Loach scindere l'aspetto emotivo da quello strettamente cinematografico... e forse non è nemmeno giusto farlo: l'emotività fa parte del suo modo di essere regista. Questo film, pur essendomi piaciuto, l'ho trovato un po' più stereotipato e manicheo rispetto alle sue opere migliori, tuttavia si guarda sempre volentieri. A Loach si vuole bene a prescindere, fosse solo perchè è tra i pochi che gira film per dar voce a chi non ne ha

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    1. Delle sue opere migliori, soprattutto le prime, mi manca ancora tanto, posso basarmi solo sulle ultime e qui pur essendoci più dramma, più realtà, il suo smorzarlo attraverso l'umorismo e l'ottimismo di Daniel è servito a non appesantire il tutto.
      Trattenere le lacrime è stato impossibile.

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  5. Appena visto e devo dire che mi è sembrato veramente molto buono. Un film dell'orrore con atmosfere kafkiane che mi ha fatto rivalutare il welfare italiano (di cui comunque non ho mai avuto molto da lamentarmi).
    C'è forse qualche passaggio troppo pilotato (guarda caso, Dan scopre la busta con tanto di indirizzo del "lavoro" di Katie che le era provvidenzialmente caduta di tasca...), certi elementi avrebbero meritato di essere più sviluppati e il finale è troncato in maniera netta ma quest'ultimo è il marchio di fabbrica di Ken Loach e quindi ce lo teniamo!

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    1. Esatto, qualche difettucio qua e là c'è, anche l'ottimismo innato di Daniel sembra esagerato a tratti, ma il risultato riesce nell'obiettivo di smuovere e commuovere.

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