20 gennaio 2017

L'Avenir

E' già Ieri. -2016-

Ci sono film che solo i francesi possono fare.
Lo si diceva l'altro giorno per Elle, per quel suo essere scabroso, sporco ma incredibilmente elegante e di classe, lo si può dire oggi con L'Avenir, che niente sembra raccontare, che gira in cerchio senza mai veramente centrare l'obiettivo.
È un tranche de vie quello che vediamo, e la vie in questione è quella di Nathalie, filosofa nella vita, professoressa di filosofia nella fattispecie, con alunni da educare, libri da sezionare, da pubblicare.
Una vita perfetta, insomma, dove le parole contano, la cultura pure, e passiamo le giornate con lei, a disquisire su questa o quest'altra teoria, su quest'altro filosofo e sul libro che ha scritto, sugli scioperi degli studenti, sul giorno d'oggi e il suo essere così poco elegante.
Nathalie è né più né meno che una borghese parecchio snob, la più classica delle radical chic parigine, tant'è vero che al cinema va a vedere Copia Conforme di Abbas Kiarostami, per dire.



Questa sua perfezione, s'incrina però quando il marito, accademico pure lui, la lascia.
Poche lacrime, nessun dramma, la vita va avanti, le lezioni pure. Si svuotano le mensole, si cambiano i fiori, ma l'apparenza rimane.
S'incrina, poi, quando quello studente modello, quel giovane che ha dalla sua il fascino della freschezza, della ribellione, si rivela essere proprio quello che il marito aveva definito, il più classico dei ribelli, dei radical chic, a cui sta a cuore la sua insegnante fin tanto che questa è d'accordo con lui.
Ma basta, a Nathalie, tutto questo?
A lei che si ritrova non più nel fiore degli anni, ha figli ormai indipendenti, una madre a cui badare, così diversa da lei, così vanesia e proiettata all'esterno, non all'interno? A lei, che si sposta da un appartamento parigino zeppo di libri, a una casa sulle coste della Normandia da rubare e guarda con ironia quei giovani che occupano un vecchio rustico, una vecchia fattoria?


A volte, basta sognare, basta guardare quel gatto che si ha ma non si vuole, per cui ci si preoccupa, con cui ci si sfoga, per poi liberarlo, finalmente, alla natura dove l'istinto ha la meglio.
È un film profondamente francese, L'Avenir, un film profondamente radical-chic, pure, che sembra dire tutto e niente, che fa dei suoi dialoghi colti e pieni di riferimenti culturali, un piedistallo su cui appoggiarsi, su cui fissare più di una metafora.
Potrebbe irritare, potrebbe annoiare, e a volte lo fa, ma qualcosa in tutta questa francesità, in questo ritratto di donna sull'orlo di una crisi di nervi, un po' di cuore, ma poco, ce l'ha.
Siamo di fronte a una donna che si ritrova sola, senza madre, senza marito, pure senza figli, una donna che deve fare i conti con un mondo che cambia e la lascia indietro, con un mondo che non è quello a cui aspirava, per cui combatteva, da giovane. Quelle battaglie continuano, piuttosto vanamente, e lei le può guardare con disincanto, da fuori.
Mia Hansen-Løve non si fa quindi perdonare del tutto, dopo quell'altra lenta francesità di Eden, e se lì partiva dalla vita del fratello, dj ai tempi d'oro della french touch, qui s'ispira alla madre, professoressa di filosofia, e pure al suo gatto, Desdemona, qui rinominato Pandora per rispettarne la privacy.
Lo stile, lento, freddo, francese, appunto, è sempre quello, con qualche spiraglio in più, offerto dalla natura e dai sentimenti, però.
Isabelle Huppert è invece bellissima e bravissima pure qui, in un ruolo non sporco, per una volta, ma che le cade a pennello.
Francese, chic e un po' snob, proprio come questo film.


Regia Mia Hansen-Løve
Sceneggiatura Mia Hansen-Løve
Cast Isabelle Huppert, André Marcon, Edith Scob
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4 commenti:

  1. Potrebbe piacermi. Metto da parte. :)

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    1. Lo trovo molto più bello a una settimana dalla visione che non durante la visione stessa. Colpa di troppo snobismo e troppa borghesia, mi saprai dire ;)

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  2. Come film mi è piaciuto di più Elle, però la Huppert qui forse è ancora più brava...

    Comunque nel complesso è una radical-chiccata clamorosa che ho gradito abbastanza, al contrario del deludente Eden, anche se il finale mi ha lasciato un po' perplesso. Forse quello è troppo radical-chic persino per me. :D

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    1. Pure per me, non siamo abbastanza francesi, ancora, per apprezzarlo appieno ;)

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