2 marzo 2020

Il Lunedi Scrivo - La Berlinale (pochi film in pochi giorni)

Mia sorella vive a Berlino da circa 10 anni, e da 10 anni mi dico che dovrei approfittarne per vedere la Berlinale.
Ok, forse un po' meno di 10.
In ogni caso, ogni anno a febbraio o lei non c'è o io non posso, o lei è in viaggio o io sono troppo povera, o è tardi o è già in programma di venirla a trovare più avanti.
Complicato.
Ma quest'anno finalmente ce l'ho fatta!


Non il weekend che volevo (ovviamente), solo l´ultimo (allungato), solo pochi film che i biglietti non me li regalano, incastrare tutto e stare del tempo con mia sorella, con il mio migliore amico, godere di Berlino, me lo volevo concedere.
Sono solo 4 i film visti, scelti per attori, interesse, premi vinti o perché in concorso.
Tanti quelli per cui mi struggo, ma che spero di recuperare prima o poi, a partire dai vincitori italiani (Favolacce e l´Elio Germano di Volevo Nascondermi), che se il Corona Virus non ha fermato il mio aereo, non deve fermare nemmeno loro.
Eccoli qui, in una carrellata:

Surge


La discriminante della scelta è stata una: Ben Whishaw.
E fortuna che c'era lui.
Perché il film sembra creato attorno alla sua prova impressionante, alla sua trasformazione fatta di gesti, tic, movenze e sguardi a renderlo da solitario e timido addetto alla sicurezza di un aeroporto a pazzo incontrollabile per le vie di Londra.
Succede tutto piano piano, goccia dopo goccia di una vita senza gioie e senza soddisfazioni.
Succede tutto all'improvviso allo scoccare di un compleanno mal festeggiato, con colleghi che lo evitano, genitori che lo tormentano.
Un viaggiatore problematico è la goccia di troppo.
Così, scatta, Joseph, scatta e risponde, urla, scappa.
In una sola giornata dà sfogo alle sue pulsioni, fra rapine di una facilità sconcertante e una collega da aiutate e conquistare.
Nel mentre, affronta il vicino di casa, rapina ancora, finisce in una rissa e ad un matrimonio, distrugge una camera d'albergo.
Il tutto con una cura quasi maniacale, quasi a voler scoprire cosa c'è dietro, cosa c'è sotto le lenzuola, sotto il materasso, sotto pelle.
È un Whishaw show, dove tutto gli è permesso.
I comprimari sono solo delle facce strane e inquietanti di chi nasconde qualcosa.
Che fanno sperare in un finale più paranormale, invano.
Chiusi in questa strana vita, in questa folle giornata, si sente il peso della claustrofobia. Con la macchina da presa incollata a Whishaw. Con la macchina da presa, soprattutto, a mano, quindi traballante, imprecisa, che rende ancora più stressante, pesante e tachicardica la visione.
Il finale sospeso e meno subdolo di quello che speravo, non aiuta a digerire ed accettare quanto visto.

Il parere del Migliore Amico: ho avuto un surge di uscire dopo 15 minuti, e ho detto tutto.


Cidade Passaro


La discriminante di scelta è stata una trama molo interessante, una provenienza -brasiliana- insolita.
Dalla Nigeria a San Paolo.
Prima un fratello, il più amato, il più brillante, quello su cui tutte le speranze sono state riposte.
Un lavoro, uno studio, una casa.
Ma all'improvviso il silenzio.
E quelle promesse si infrangono, i suoi successi si rivelano bugie e di lui ora non c´è più traccia.
Parte il secondo fratello allora, alla sua ricerca.
Si affida ad amici, parenti, alla cronologia di un computer e delle foto.
Poco a poco, il puzzle si compone, fatto di teorie e follie, di schemi impensabili.
Di matematica, fisica, scienza e magia che si fondono.
Nel comporlo, Amadi segue i passi di Ikenna, si affida a un maestro e mentore, si innamora della sua ragazza, ora sola.
Ma lui -Ikenna- dov'è?
Cos'è che insegue? Di cos'è che vuole trovare il significato?
Strano il giusto, questo film brasiliano stupisce prima l'occhio che la mente.
È più facile innamorarsi di una città così decadente, ripresa in verticale, in un 4:3 in cui i suoi palazzi, la sua palette, sta così bene.
L´occhio del regista Matias Mariani, alla prima esperienza di fiction dopo alcuni documentari, è squisito.
La musica fa il resto, sostanziale al racconto, lo alleggerisce e fa della ricerca e del percorso di Amadi un'avventura criptica, ma piena del giusto brio, della giusta bellezza.

Il parere del Migliore Amico: Una storia che ho seguito molto volentieri, anche se non tutto era chiaro. I risvolti -soprattutto d´amore- me lo han fatto godere. Musica bellissima, e poi eravamo in una poltrona/divanetto a due, quando mi ricapita!


Effacer l'historique


Come parlare ancora del nostro malato rapporto con la tecnologia?
Con un umorismo tutto particolare, fatto di battute impossibili e situazioni assurde.
Rendendo.grottesca la nostra dipendenza, il nostro affidarci in tutto e per tutto ad uno schermo.
Sono tre i protagonisti di questo strano film francese.
Due donne sole di mezza età, una fresca di divorzio e una di licenziamento, e un uomo vedovo e triste.
Comprano e vendono, lavorano e vengono ricattati, fingono e cercano consigli.
Tutto on line.
Ridicolizzando allo stremo la nostra quotidianità, le situazioni a cui dovremmo dare più peso.
Il porno revenge, le stelle di compiacimento, il consumismo...
Ma come ve lo spiego quell´umorismo nero e assurdo che Benoit Delèphine ha voluto dare al suo film, in cui un Dio che vive in una pala eolica può aiutare i protagonisti, in cui si affitta il salotto ai mussulmani in preghiera e l´unico libro che gli adolescenti leggono è quello per decidere che smartphone comprare?
Sono gag che si sommano, che fanno ridere a crepapelle una sala intera, che anche se qua e là possono stancare, hanno un´arguzia, un´intelligenza considerevole.
Se poi il finale si rivela inaspettatamente emozionante, bè, la scelta che aveva come unica discriminante la comodità di orario, è stata saggia.

(Il Migliore Amico ha preferito dormire)

Irradies


Visto dopo la vittoria come Miglior Documentario che me lo ha fatto preferire al sicuramente più reperibile biopic su Shirley Jakson.
Uscita dalla sala non ho più voluto vedere altro.
Avevo bisogno di godere dell´aria aperta, della parvenza di sole che era sbucato.
Perché si parla di morti, di sopravvissuti.
Di Hiroshima e dell´Olocausto.
E li si mostra.
Filmati di repertorio in cui cadaveri si ammassano, cadaveri si scoprono, cadaveri ancora per poco camminano.
Nel mezzo, spiriti dipinti di bianco e dagli occhi neri, che si muovono, che danzano.
In sottofondo, una conversazione a due: un uomo e una donna, che cercano risposte, invitano a vivere proprio per chi non c´è più, proprio perché certo dolore lo si deve conoscere.
La particolarità: lo schermo diviso in tre.
E quei cadaveri, quella morte, quel dolore, fanno per assurdo meno male cosi.
Come se lo sguardo potendo scegliere dove osarsi, si alleggerisse.
Ma poi lo schermo si fa unico, la musica tace.
E il famoso pugno allo stomaco diventa ancora più forte.
Vedere di cosa siamo capaci.
Ora, parlare male un film che il male lo mostra senza filtri, non è facile.
Cosi come non è facile la visione.
Io che la morte, i morti, non riesco a vederli, ho passato la maggior parte del tempo a distogliere lo sguardo. A stringere i pugni.
Ma più di un documentario classico, sembra di avere di fronte un´opera di videoarte, quelle che si vedono a metà, senza mai un inizio o una fine, dentro un museo. Quelle che in museo non riesco a reggere.
E allora, nonostante l´importanza, il premio vinto, resta questo il mio umile parere.
Meglio il sole, meglio l´aria aperta.
Meglio vivere.

(Il Migliore Amico si è rifiutato di entrare in sala)

Scoprendo sale di multisala e piccoli/grandi teatri, scoprendo angoli di città che in tutti questi anni non avevo mai visto, camminando e mettendomi in fila, correndo per trovare un biglietto e trovando più spazio, più gentilezza che al Lido, la mia Berlinale finisce già cosi.
Quattro film in tre giorni, quindi.
Pochissimi rispetto alla Mostra di Venezia.
Ma ora che un primo tentativo è stato fatto, ora che le ritrosie dei titoli e dei sottotitoli sono state affrontate, conto di fare meglio, di viverla meglio, il prossimo anno.

9 commenti:

  1. Ti invidio più il soggiorno che i film. Quelli che passano a Berlino mi hanno sempre fatto sbadigliare al sol pensiero. Anche se per Germano e i D'Innocenzo, l'attesa c'è!

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    1. Due su quattro qui sono leggeri, il calendario era così fitto che bisogna davvero saper scegliere... Rispetto a Venezia mancano i titoloni, ma alla fine di film che voglio recuperare ne ho.
      Conto di trovare gli italiani e gli americani/inglesi presenti in sala ;)

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  2. Finalmente ce l'hai fatta, chissà, se magari l'anno prossimo riusciremo anche ad incontrarci?
    A me cidade passaro è piaciuto parecchio, mentre effacer l'historique mi ha comunque divertito (gli attori sono perfetti) nonostante il fastidio nei confronti della demenza dei protagonisti...

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    1. Se riesco a prendermi più giorni di ferie e se mia sorella non se ne va da qualche parte, spero di tornare anche il prossimo anno, contaci!
      Con Effacer l'historique il problema era più la fisicità stropicciata di quei protagonisti, ma quante risate, anche perché in sala c'era chi non si tratteneva aumentando l'effetto delle battute.

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  3. Quattro film in un weekend comunque non sono pochi, festival o non festival... E poi tra l'altro sembrano anche una discreta mazzata, almeno 3 su 4, soprattutto a sentire il parere del migliore amico. Ma almeno i sub ita c'erano, o erano in lingua originale con sottotitoli tedeschi? :)


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    1. Non ci sono i sub.ita, e ci sono i sottotitoli in inglese per i film NON in lingua inglese...

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    2. Confermo quanto dice la poison, sub solo in inglese e tedesco, e se il film è già in inglese, vai ad orecchio (a meno che tu non sappia il tedesco). Anche tenendo conto di questo non è andata male, e per quanto ne dica il migliore amico, solo due su quattro erano una mazzata, dai ;)

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  4. Titoli sconosciuti...però conoscendo ora qualcosa dico che alcuni di questi potrebbero interessarmi.

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    1. Il brasiliano e il francese sono state davvero delle belle sorprese: da una parte l'occhio, dall'altra la comicità che sanno fare la differenza.

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