Arrivi alla fine e le domande, le risposte, le questioni, sono le stesse.
Arrivi alla fine, e nemmeno ti verrebbe da pensare di aver letto una trilogia, figurarsi la trilogia che è diventata "un caposaldo delle letteratura inglese del XXI secolo" (The Guardian), quella che ha rivoluzionato regole e "sarà considerata uno dei capolavori letterari della nostra epoca"(The Washington Post).
Lo dico senza polemica, consapevole di non essere la lettrice adatta e che Rachel Cusk non mi è arrivata.
Questione di stile, sì, di età anche, e di argomento.
Sempre quel divorzio da cui riprendersi, sempre quel mettere la vita degli altri in primo piano.
In questo caso, in modo ancora più intenso.
Se Resoconto era diviso per capitoli numerati e Transiti per lo più in paragrafi, qui si sceglie di staccare pochissimo. Una lunga sequenza di vite altrui, di opinioni altrui, immerse nel mondo delle letteratura, dentro ad un convegno di autori dove si alternano pranzi, interviste, visite alla città, cene e aperitivi.
Dentro a quel mondo dove editori, traduttori, nuove stelle del firmamento emergono, e li sentiamo parlare della loro vita, dei loro matrimoni, delle loro opinioni sul mondo delle letteratura. Anche se si riparte lì dove tutto era iniziato: su un aereo, con il vicino di posto a raccontare della sua famiglia, della sua pensione, del suo cane.
Ci si focalizza, però, sulle donne.
Sul loro dover e saper gestire anche i figli, sfogandosi per la situazione, trovando un pubblico ad ascoltarle.
Non a caso, Onori è uscito nel 2018, anno in cui le voci femminili si sono alzate con Cusk a prenderne parte.
Queste le questioni, che sono sempre le stesse anche se qui con una sfumatura più polemica.
Poi ci sono le risposte, che arrivano nuovamente in un ultimo capitolo illuminante: tre donne, a pranzo, a parlare dei rispettivi divorzi, a parlare di quegli ex ingombranti, psicologicamente violenti.
E lo senti che qui sta la chiave biografica, lo senti che qui sta il cuore pulsante, qui è in una telefonata finale, quella di un figlio che nel corso della trilogia ha sempre insinuato un tono di angoscia, di realtà, nei lunghi monologhi altrui.
La senti che sta qui, in una scena finale in un mare tanto liberatorio quanto brutalizzato dalla presenza dell'uomo in quanto maschio, la chiave di tutto.
Ma restano le domande.
E ruotano tutte attorno a uno stile che non mi è chiaro, non è per me, in quanto non mi appassiona come vorrei.
Sta tutto in quel raccontare per raccontarsi, per similitudine o forse per sottrazione, lasciando dubbi, domande, appunto.
Immergersi, in questo mare sporco, in questa lettura faticosa, non è stata l'esperienza che cercavo, che volevo, che mi aspettavo.
Il problema sono io, ovvio, viste le parole che autori, critici, giornalisti, alla Trilogia hanno tributato.
Meglio allora tornare in lidi più sicuri, in parole meno intrise di una malinconia che fatico a fare mia.
Complimenti per aver completato la trilogia. Ci va una bella pazienza, considerando che non ti ha nemmeno entusiasmato.
RispondiEliminaDevo ammettere però che le esaltazioni del Guardian e del Washington Post mi fanno venire una certa curiosità. E soprattutto una certa voglia di stroncare questa presunta trilogia "capolavoro". XD
Quando mi intestardisco... volevo capire capire cosa c'hanno visto i vari critici.
EliminaResto con le mie domande, e con una certa insoddisfazione: non farti ingannare!