1 dicembre 2021

The French Dispatch

Andiamo al Cinema

In primo Piano

Ogni film di Wes Anderson è un evento.
Sarà per l'aurea che lo circonda, sarà per i cast che riesce a metter su, sarà per quella sua visione così personale, per quel suo stile unico che ormai tutti cercano di imitare.
L'evento, si è tenuto a Cannes.
Sfortuna per me, che lo speravo nel ricco carnet di Venezia.
Il cast in questione prevede la presenza di Benicio del Toro, Frances McDormand, Jeffrey Wright, Adrien Brody, Tilda Swinton, Timothée Chalamet, Saoirse Ronan, Léa Seydoux, Owen Wilson, Mathieu Amalric, Lyna Khoudri, Bill Murray, Elisabeth Moss, Willem Dafoe, Edward Norton, Christoph Waltz e Anjelica Huston. 


E sono stata la prima a chiedersi: come fanno a starci tutti?
Come trovano spazio in questa strana storia, in questo strano mondo, tutti questi attori?
La risposta, arriva subito, con un racconto che si fa ad episodi, ognuno con i suoi protagonisti, con qualcuno che si sacrifica a dire appena un paio di battute o a comparire per poco in scena.
Per Wes Anderson questo ed altro.

Notizie dal Mondo

Siamo a Ennui, Francia.
Dove viene pubblicato un piccolo giornale che riferisce quel che succede dall'altra parte dell'Oceano agli abitanti di Liberty, Arkansas.
È il The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun che ricorda e omaggia il The New Yorker, a partire dalle sue splendide copertine, e dal taglio: in cui si alternano storie ed editoriali, cartoline e consigli.
Padre padrone, un uomo che ora non c'è più.
E quello che leggiamo, pardon, vediamo, è l'ultimo numero a lui dedicato.



Pagine Culturali

Si parla di Ennui stessa, facendone un rapido e decisamente numerico ritratto, di quelli che alla faccia un po' così di Owen Wilson riescono bene.
Si parla poi di un pittore che trova il successo in carcere, ritraendo la guardia che lo controlla, dello strano amore che li unisce, del mercante d'arte che lo sovvenziona.
Si parla di rivolte studentesche e di chi le racconta.
Si parla di un romanzo poliziesco, e di un cuoco dalle ricette speciali e di un rapimento speciale.
Si parla, infine, di come parlare di tutto questo.
Lo si fa con stili diversi, con mondi diversi creati per noi.
Passando dal bianco e nero ai colori, dalle lezioni d'arte alle interviste letterarie, mostrandoci chi le scrive queste storie, diventandone parte.



La Posta del Cuore

Non sono un'amante dei film ad episodi, come un tempo non lo ero delle raccolte di racconti.
Certo, ora su carta ci ho fatto pace, grazie anche ai tempi più stretti che me li fanno preferire ai romanzi.
Al cinema, però, la questione è diversa.
Wes Anderson poteva farmi cambiare idea?
Forse sì.
Ma alla fine, il rischio come per tutti, è il solito: il cambio di toni, di ritmo, di voci, può confondere. Può far percepire diversamente la durata del film, la sua unitarietà.
Ci si affeziona a qualche personaggio, poco ci può interessare di altri, restando legati ad una storia, più che a un'altra.


Certo, ognuno troverà la sua, nel frenetico mondo che porta su schermo Anderson, con i suoi colori pastello, le sue geometrie perfette, i suoi interni sezionati.
Io sto con Benicio più che con Wright, sto con la McDormand più che con Chalamet.
Ma tanta bravura tecnica deve sempre essere compensata.
E così, a questo French Dispatch, manca il cuore.
Quello che poteva essere rappresentato da Bill Murray, direttore che scompare troppo in fretta.
Lui, rappresentato qui da più storie ma da nessun editoriale, manca.


Così, freddo più del solito, leggere questo ultimo numero del The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun, sembra un divertissement, un gioco innocente, in attesa di avere una storia più completa, da prima pagina.

Voto: ☕☕/5

9 commenti:

  1. Io, come al solito, l'ho adorato. Un "cabinet of curiosities" Wesandersoniano è qualcosa che mi rallegra sempre nel profondo. Che ogni divinità ci conservi ancora a lungo lui e Bill Murray, per quanto stavolta poco utilizzato, ahimé!

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    1. Divertito, intrattenuto e ammaliato con le sue prodezze tecniche, lo ha fatto.
      Ma un po' di cuore l'ho sentito mancare, sarà che preferisco le storie uniche a quelle ad episodi, sarà che Bill Murray fa da collante, ma doveva esserci di più.
      Ad avercene, comunque, di piccole delusioni così.

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  2. Un regista che proprio non riesco a farmi andare a genio. Non mi piace, né stilisticamente né narrativante. Troppo, tutto troppo. Salterò anche questo.

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    1. Con me Anderson sfonda da sempre una porta aperta. Lo stile e i personaggi che raccontano parlano di me. Qui, nonostante un tecnica come sempre raffinata, manca però la storia, e averla divisa in più capitoli intrattiene, ma non resta come altre nel passato.

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  3. A me invece stavolta non è "arrivato". E lo dico da andersoniano convinto, quindi la delusione è doppia... l'ho trovato faticosissimo da seguire, zero emozioni, zero coinvolgimento, non sono riuscito a capire dove volesse andare a parare. Solo un autoreferenzialissimo esercizio di stile arido come il deserto.

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    1. Zero emozioni pure per me, a questo giro, ma il coinvolgimento, per quanto altalenante tra un episodio e l'altro, c'è stato.
      Lo vedo anch'io come un esercizio di stile, in attesa di una storia con più cuore.

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  4. Sono sostanzialmente d'accordo con te, divertissement è la definizione perfetta per un film in cui Anderson sembra aver messo il pilota automatico in quanto a stile/messa in scena/fotografia, ma poco cuore...

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    1. Anche con il pilota automatico fa un film tecnicamente sopra la media, ma è il cuore che continua a mancare. Sarà per il prossimo giro.

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  5. Bello questo post in stile giornale!

    Il film mi sembra abbia diviso abbastanza. Se dici che manca il cuore non promette troppo bene... Mancasse un'altra parte del corpo ci potrebbe anche stare, ma il cuore è "leggermente" importante, non solo per le persone ma pure per i films.
    Staremo a vedere se mi farà la stessa impressione...

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