4 dicembre 2021

Titane

Andiamo al Cinema

Una ragazza con una placca di titanio in testa, prova una strana attrazione verso le auto, tanto da farci sesso.
Questo, quello che sapevo su Titane finora.
Questo, e il fatto che avesse sconvolto Cannes e tutti quelli che lo avevano visto, facendo del film il candidato agli Oscar per la Francia, di Julie Ducournau la regista capace di spingere i limiti sempre più in là, dopo il già strano, crudo, Raw.
Evitando ulteriori spoiler, preferendo sapere poco o niente del resto della trama, mi sono trovata di fronte un film diverso.
Sì, Alexia ha una placca di titanio in testa da quando è bambina e il padre è finito fuori strada.
Sì, prova una strana attrazione verso le auto, verso il metallo in generale e finisce pure per fare sesso con un'auto in una scena che visto quanto aveva fatto scalpore credevo più esagerata.
Ma il resto, è una sorpresa.


Perché Alexia è prima di tutto una serial killer, che sembra associare il piacere fisico al penetrare le sue amanti/vittime con un ferro da maglia che ha sempre con sé. 
Perché Alexia è prima di tutto una figlia che non si sente accettata, e che quel padre giudica e ne è spaventato fin da quell'incidente.
Così, Alexia in fuga dalla polizia, si finge il figlio scomparso da 10 anni di un comandante dei pompieri, un uomo altrettanto problematico e fragile che passa sopra i suoi capelli tagliati di recente, il suo naso rotto, le fasce che riescono a coprire alla bell'e meglio non solo la sua femminilità ma anche una gravidanza imprevista.
Una gravidanza nata da quella relazione con l'auto di cui solo sapevo.


E com'è un film tanto strano, per una come me?
Direi troppo.
Troppo fisico, troppo eccessivo, troppo difficile da digerire.
Il body horror di Carpenter non è il mio genere, già lo sapevo, e qui che i corpi si vedono infilzati, massacrati, tumefatti e colpiti, pronti ad essere fasciati e sventrati, mi sono ritrovata a vedere il film con gli occhi per metà chiusi, con le unghie sempre più dentro la mia pelle.
Un'agonia, che fa il pari con la storia più pulita di quell'aborto in cui niente ci è stato scontato che ha vinto a Venezia, come a sottolineare: le donne -in Francia, soprattutto- hanno alzato la voce.


Pure Titane è un film di formazione, più adulto e ancor più femminile, dove ci si spinge oltre.
E anche se il sangue in Raw sgorgava a fiumi, ammetto di averlo preferito nella sua metafora più semplice, nel suo ritratto di gioventù.
Ma la bravura di Agathe Rousselle, protagonista camaleontica e magnetica nel suo viaggio che la porta da femme fatale a figlio irriconoscibile, la bravura di un Vincent Lindon lontano dai ruoli più seriosi e infine l'orecchio di Ducournau che sceglie canzoni perfette dagli Zombies a Caterina Caselli che danno il tocco pop ai suoi omicidi, e ovviamente il suo occhio, che regala un piano sequenza iniziale pieno di erotismo, regala fiamme, sangue e olio da motore, pur facendo più felici chi a questo gore è abituato, ha fatto felice pure me.


In parte, ovviamente, che preferisco storie più di cuore che di pancia, soprattutto se la pancia se ne deve stare così contratta.
Il successo è comunque meritato, fa scoprire un genere anche a chi proprio non ci è abituato, ed è un bel traguardo per Cannes, per gli Oscar, per il cinema, che sia finalmente riconosciuto.

Voto: ☕☕/5

12 commenti:

  1. Anche se non il più bello in assoluto, è il film che finora mi ha emozionato di più in questa stagione. Per me una tazzina in più se la meriterebbe... ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. L'emozione non è riuscita a sorpassare il disgusto e lo stress che certe scene mi han dato. Il mio stomaco debole preferisce cuori più semplici.

      Elimina
  2. Tra tutti i sottogeneri in cui sono suddivisi i film dell’orrore, forse il body horror è quello che sento più vicino perché per ovvie ragioni, ti rimesta nelle budella, poi da Carpenteriano non posso che amare l’omaggio a Christine di fondo, però penso che sia il film più vivo e guizzante dell’anno, non si lascia etichettare come la sua protagonista. Di fatto è un romanzo di formazione (proprio come “Raw”) che svolta e cambia direzione spessissimo, più ci penso e più credo che si il film di genere (e suoi generi) più matto dell’anno, ma anche quello che ho apprezzato di più ;-) Cheers

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Come sopra, meglio il cuore della pancia.
      Per quanto ben fatto e ipnotico, nel suo genere e nei suoi generi, non è la mia cup of tea.

      Elimina
  3. Per me teriBBile. Ancora di più l'effetto "povera pucci" verso una che ha ammazzato delle persone, cosa che viene bellamente dimenticata...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Oddio, io povera pucci non l'ho mai pensato, forse mi ha fatto più pena quel padre alla disperata ricerca di un figlio sostituto...

      Elimina
    2. La si dipinge come una che non ha mai ricevuto amore. E ok... solo che dimentichino subito il fatto che abbia ucciso degli innocenti...

      Elimina
  4. bellissimo film
    anche io lo hi guardato con gli occhi semichiusi e non lo consiglierei perke devi sapere a cosa vai incontro per poterlo apprezzare, ma mi è piaciuto

    ovviamente non lo rivedrò mai più in vita mia 😂

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Esatto, sono nella stessa situazione.
      Bello, sì, ipnotico e pieno di suggestioni, ma consigliarlo senza avvertenze e rivederlo anche no.

      Elimina
  5. Strano al punto giusto per me. La Ducournau si conferma la regista più cannibale oggi in circolazione, quindi come potrei non adorarla? :D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Meno cannibale, più assassina a questo giro.
      Anche se ho apprezzato più la carne cruda dell'olio del motore, complimenti a lei per come li pensa e come li gira i film!

      Elimina
  6. Grossa delusione.. immaginavo partorisse una Polistil, e qui l'unica vera sospresa..

    RispondiElimina