29 aprile 2022

The Northman

Andiamo al Cinema

Possono piacermi i film piccoli, quelli indipendenti, quelli che raccontano di sentimenti e li mettono a nudo.
E a sorpresa possono piacermi anche i film in cui la meglio l'ha l'azione, quella maschia, quella sanguinolenta e epica.
Puoi essere un regista di culto, che ha ridato spessore al termine indie, che lo ha contaminato con i brividi dell'horror.
E a sorpresa puoi pure fare un film in cui la meglio l'ha l'azione, quella maschia, quella sanguinolenta e epica.
Io e Robert Eggers almeno in questo siamo simili.


Al suo terzo lungometraggio, cambia e rischia.
Dall'eleganza sinistra di The Witch, dall'estetica ai suoi massimi livelli di The Lighthouse, approda a un film in cui la macchina da presa inizia a muoverla, e come la muove! 
Con piani sequenza che mandano in brodo di giuggiole, lasciando a briglia sciolta quell'io maschio che già si intuiva esserci nei film precedenti, in scene d'azione, d'adrenalina e di testosterone che nell'epica vichinga trovano il loro sfogo.
Merito di un Alexander Skarsgård in fissa con le tradizioni vichinghe, che convince il regista a ricercare la giusta leggenda da portare al cinema, quella di un figlio che vede il padre morire per mano dello zio, con la madre che poi quello zio lo sposa mantenendo il trono.
Se quel figlio si chiama Amleth che campanello risuona?
Già, quello del Bardo, in un dramma tanto familiare quanto diverso, qui, dove i vichinghi si rubano regni e attaccano villaggi, rivendendosi schiavi senza troppe remore.


In breve, si parte da un Ethan Hawke in formissima, in un anno che lo vede camaleontico ovunque, tra serie TV e cinema, qui re ferito ma pronto a consegnare il suo trono al figlio che deve essere iniziato.
Ma c'è un fratellastro geloso di mezzo, c'è un Valhalla che lo aspetta e c'è una lunga fuga per Amleth che lo allontana dal suo destino, che lo fa crescere come un lupo, come una bestia, famelico e assetato di sangue, che una volta ritrovata la ragione sotto forma delle profezie di Björk, riabbraccia la sua vendetta, lungo la quale, va da sé, incontra l'amore per la bella schiava Olga.
Agli ordini di uno zio il cui regno come da maledizione è stato breve, il piano di sangue prevede morti cruente, spade da ritrovare, ripensamenti e uno scontro finale che ha il sentore di Episodio III.


In tutto questo, Eggers sguazza che è un piacere.
Regalandoci piani sequenza adrenalinici alternati a visioni oniriche in cui la bellezza di Skarsgård e della Taylor-Joy illuminano la scena anche al chiaror di luna.
Skarsgård non perde un briciolo di fascino e di eleganza nemmeno quando grugnisce, ulula, urla e morde, con il confronto con Nicole Kidman -pure lei inanella annate di grazia- a rendersi ancora più morboso visto che qui sono madre e figlio, in Big Little Lies erano marito e moglie. Sarà che Skarsgård i suoi 45 anni li porta così bene che ci crediamo, che passiamo sopra anche ai vent'anni che lo separano da Anya Taylor-Joy.
Menzione d'onore, infine, per il fido Willem Dafoe, spaventoso e ghignante come al suo solito, compare poco, ritorna in forma di teschio, ma chi lo dimentica più?


The Northman è prodotto dalla A24 che si conferma la casa di produzione più indie e più riconoscibile per la dedizione dei registi che ci lavorano, con il pensiero che corre all'altro viaggio di vendetta, con tanto di volpe da seguire, che è stato lo snobbato The Green Knight.
Anche lì tappe, sesso, prove e sfide.
Anche lì una fotografia pazzesca.
Ma qui, più testosterone.
Più epica, poi, fin dal sonoro, che riempie i silenzi, che risuona nella sala con il miglior impianto.


Ma bisogna ammettere che l'originalità in questo racconto non è di casa.
Almeno, non per chi come me ha seguito le vicende di Vikings, in cui un altro bellissimo -Travis Fimmel- risultava affascinante e ammaliante anche ricoperto di sangue.
The Northman sembra la sua versione per il cinema resa ancora più estetizzante.
E mi immagino le conversazioni a casa Skarsgård intrise di gelosia vista la presenza di Gustaf/Loki nella serie. Ora che anche Alexander ha avuto il suo sfogo, e che sfogo, le cene saranno più tranquille.


Epica, sanguinolenta, questa leggenda vichinga compiace anche lo spettatore dal palato più fine di cui mi sento di far parte.
Ma perché star qui a fare differenze? Se un film riesce ad esaltare al grido stereotipato di "I am Vengeance" sai di aver fatto centro.

Voto: ☕☕½/5

2 commenti:

  1. In realtà la tragedia del Bardo fu tratta da un poema di Saxo Grammaticus - macho già dal nome 🤣
    Poi vabbè, questo film si può solo amare ❤

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E anche questo Northman è tratto dallo stesso poema ;) posso dire che alla classicità di Shakespeare preferisco questa versione sanguinolenta!

      Elimina