Andiamo al Cinema a Noleggio
Le saghe, la competizione sportiva, ma negli ultimi anni un nuovo genere si è fatto strada nelle produzioni americane: l'ascesa e la caduta delle start up.
Le grandi imprese, il sogno americano, il grande genio che esce dall'anonimato e diventa un idolo e poi, inevitabilmente, lo schianto per aver volato troppo alto.
Visti che gli esempi in un'economia che non risparmia nessuno ma che dimentica in fretta i suoi errori donando capitali alla ricerca del prossimo unicorno, questi tipi di racconti sono diventati degli unicorni in sé, con i produttori pronti ad accaparrarsi un nuovo Re Mida in disgrazia da raccontare.
Funzionano bene nelle serie TV, con le tappe ben definite e i passaggi fra l'uno e l'altra a fare da cliffhangher tra un episodio e l'altro, ma anche il cinema ci si è messo.
Dopo Elizabeth Holmes, dopo Adam Neumann, dopo Travis Kalanick e dopo Daniel Ek (le cui imprese sono tutte raccontate QUI), è arrivato il turno di Mike Lazaridis, fondatore di BlackBerry.
Ve lo ricordate, no, quel telefonino piccolo piccolo, ma che conteneva tutta la tastiera?
Che prima di Apple aveva capito l'importanza del design, dell'unicità?
Perfino io lo bramavo, pur non potendo permettermelo e limitandomi a un Nokia 3330 di seconda mano che anche senza cover, anche se caduto nel WC, ha continuato a funzionare.
Il BlackBerry invece era diventato un segno distintivo, soprattutto in America, soprattutto per le grandi aziende.
La storia della sua nascita è sempre quella: un gruppo di amici nerd e geniali, un ufficio che assomiglia più a un garage dove giocare e sfidarsi, il grande genio che sta dietro all'operazione troppo timido per imporsi e il commerciale che ha il fiuto giusto e investe e spinge e porta la piccolissima azienda a essere una multinazionale in cui il clima goliardico non sempre può essere difeso.
Va da sé che di pari passo c'è la trasformazione di quel timido genio nel sentirsi un Re e un genio inattaccabile, con l'inevitabile concorrenza che inizia a crearsi e gli scudi da alzare non sempre legali.
Insomma, è il classico copione del genere start-up story.
E allora cos'ha di diverso, BlackBerry?
Cos'ha portato pure Obama a inserirlo nella sua fantomatica lista dei migliori film del 2023?
Onestamente, fatico a capirlo.
Forse è il fatto di essere un racconto americano ma raccontato dal Canada, con un budget chiaramente non ai vertici, tanto che il trucco e il parrucco che trasformano Jay Baruchel e Glenn Howerton e gli altri protagonisti nei personaggi reali della storia fa sorridere.
Forse è la presenza di un cast di soli comici a rendere doppia la lettura, a far fare quello scarto dell'ironia dietro la caduta di un'azienda che non doveva fallire, che non doveva cedere al mercato cinese e rimanere americana al 100%. Perfetta al 100%.
Forse è che di film e serie TV simili ne ho visti davvero tanti, troppi, e anche se tiene il ritmo, anche se gioca con lo spettatore tralasciando il privato e ricamando su alcuni fatti, BlackBerry non cambia un genere, ma ci aderisce alla perfezione.
Tanto da trasformarsi anche in miniserie aggiungendo del girato, a sottolineare come le start-up story siano perfette per il formato seriale.
Arrivati a questo punto, mi chiedo quale sarà il prossimo visionario da raccontare, magari in un modo più visionario.
Voto: ☕☕½/5
Non l'ho ancora visto, perché appunto di storie simili negli ultimi tempi ne sono uscite già troppe. Mi sa che rimando ancora, tanto il BlackBerry chi ce l'ha mai avuto? :D
RispondiEliminaLa mia amica dei tempi delle medie, che invidiavo tantissimo.
EliminaStoria poco originale, che arriva in un mercato saturo di queste storie, e con l'occhio fermo al reparto parrucche.
Anche io sono poco attratto da questa marea di biopic... Se poi è pure poco ispirato / visionario, vedo di starne alla larga, Obama o non Obama! :--)
RispondiEliminaMi sa che Obama non si era visto tutte le serie TV sul tema, ormai li possono fare con lo stampino i copioni di questi Unicorni :)
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