Andiamo al Cinema
Si torna su Arrakis.
Ci sono voluti tre anni, uno sciopero a tardare le première e l'uscita, ma alla fine rieccoci qui, dove tutto, da parole di Zendaya, doveva avere inizio.
In effetti, è così.
Le presentazioni non servono, l'azione prende subito il posto rispetto alla storia, e la parte due di Dune diventa un film che vive di paradossi.
Riesce a risultare esaltante, anche se pieno di quell'azione che solitamente di distrae.
Con le sue quasi tre ore di durata riesce pure a condensare in maniera fin troppo veloce cambiamenti e prese di posizione, che siano da parte dei Fremen che vedono in Paul il nuovo Messia (pardon, il Lisan al-Gaib), o che sia da parte di Paul stesso che ci crede-non ci crede-ci crede con riserva.
Riesce soprattutto ad essere un film autoriale, pur essendo il blockbuster che è. La solidità di Dennis Villeneuve, un regista solido anche quando deve raccontare di invasioni aliene o scontri fra cartelli, che fa di Dune quello che non è riuscito più ad essere Star Wars nella sua saga.
Ed è un bell'obiettivo da raggiungere visto quanto George Lucas deve a Frank Herbert.
Ma torniamo su Arrakis, torniamo in un pianeta sfruttato ora nelle mani degli Harkonnen dopo che l'intera casata degli Atreides è stata annientata.
Non lo sanno, ovviamente, che Paul e la madre Jessica si sono salvati, cercano di inserirsi fra i diffidenti Fremen, cercando di guadagnarsi la loro fiducia in azioni sempre più spericolate e mettendo in giro le giuste voci di una profezie attesa da anni.
Si gioca qui tutta la fede cieca che resta forse il punto più debole ma di sicuro il più affascinante visti i riti, i templi, di una sceneggiatura che punta forte su quell'azione di cui sopra.
Che siano vermoni da cavalcare per la prima volta, che siano ragni giganti ed estrattori da bloccare e rendere inutilizzabili, che sia una città-Impero in cui rientrare, la polvere, la solidità, la bellezza di questa azioni riempiono i 166 minuti tanto che corre veloce e senza mordente l'infatuazione e l'amore tra Paul e Chani.
A livello di trama di per sé, di dialoghi e di intrallazzi, intrigano di più gli intrighi che le Bene Gesserit intessono a Palazzo, con Florence Pugh a rendersi narratrice affidabile e Lea Seydoux a sacrificarsi. Perché diciamolo, come sempre più che i buoni messiaci, monopolizzano l'attenzione i cattivi, anche se a forma di Austin Butler pelato che non abbandona i vocioni, si bacia lo zio, e cattivo come un Lannister qualunque, conquista la folla e gli spettatori in uno scontro fra gladiatori in bianco e nero dove il cinefilo va in brodo di giuggiole.
Ovvio aspettarsi di più per il classico e finale scontro fra bene e male, fra Paul e Feyd-Rautha, ma come ricordano le Madri passeggiando fra la Tomba di Brion (a due passi da casa, e ancora non l'ho visitata!), il disegno è molto più ampio e la vista in sogno di un'Anya Taylor-Joy di cui è stata svelata l'identità, fa fremere i fan di un saga letteraria che non sembrano scontenti di questo adattamento.
Mi fido di loro, che i tomi sembrano impegnativi.
Forte degli incassi e del consenso, un terzo capitolo è già al lavoro perché come ogni saga che si rispetti, il finale resta tronco e carico di aspettative.
Anche per questo il finale soddisfa a metà.
In tempo di crisi per i blockbuster fantasy, Denis Villeneuve è da ringraziare per aver tolto la polvere a una saga e al genere saghe nel cinema, e per aver fatto le migliorie necessarie rispetto a un primo capitolo fin troppo gelido, pur essendo nelle dune del deserto.
Il calore, l'amore, risultano ancora posticci e non così necessari (sì, il bacio Zendaya-Timothée me lo evitavo), ma l'ossessione materna a scaldare il reparto emotivo.
In attesa di quella che dovrebbe essere l'ultima parte di una trilogia anche se già ci si addentra nel territorio delle miniserie rischiando di annacquare il risultato, fra le dune di questo deserto così solito, è sempre bello tornare.
Voto: ☕☕☕½/5
Sono d'accordo, pur essendo praticamente cresciuta col Dune Lynchano, ti posso dire che questo secondo capitolo della saga l'ho apprezzato molto :)
RispondiEliminaAvevo visto il Dune di Lynch prima del primo capitolo, e non è invecchiato benissimo devo dire... fortuna che l'ho in parte dimenticato :)
EliminaL'uomo con nome da Formula 1 secondo me non sa tanto far trasparire l'emotività, ma è capace di farla esplodere su grande schermo quando presente nella trama, come ha fatto qui ;-) Cheers!
RispondiEliminaIn questo secondo capitolo mi è arrivato di più, anche se per una volta ho preferito le scene d'azione a quelle emotive: potere di Villeneuve!
Elimina