15 giugno 2024

The Animal Kingdom

Andiamo al Cinema

In un futuro imprecisato il genere umano sta mutando.
Non viene spiegato come o perché, semplicemente c'è chi lentamente si trasforma in animale.
Ognuno diverso, che sia un uccello, un rettile, un felino.
Il mondo ha reagito come al suo solito: dividendosi e schierandosi.
Fra chi li vorrebbe rinchiudere o uccidere, questi diversi, e chi cerca di inserirli o di curarli.
Una soluzione ancora non c'è, ma ci sono centri specializzati che sono parchi simili a grandi prigioni, in cui i diversi finiscono.
E c'è ovviamente lo stigma di famiglie che quei diversi li avevano in casa, che con sacrifici li curano o li nascondono, perché chissà cosa succede in quei centri, osteggiati e vandalizzati dall'esterno.
La famiglia di Émile è fra queste.


La madre sta per essere trasferita nel sud della Francia, una madre che è rimasta in casa più del dovuto portando a ferite interiori e esteriori.
Come nasconderlo ai nuovi compagni di classe?
Tutto diventa più difficile quando Émile stesso inizia a presentare i primi segni di mutazione, molto più imbarazzanti dell'adolescenza, peli che crescono, artigli che spuntano, ossa che si deformano. E un senso di paura che si impossessa di lui che viene mitigato solo dall'incontro con chi diverso lo è già e si rifugia in una foresta proibita che circonda la città.
Cerca di volare, Fix e di non farsi trovare.
Come altri, scappati dal centro di accoglienza, madre di Émile compresa.


È un film strano questo Mondo animale a cui abbiamo messo un titolo inglese, e non solo perché francese, e così strano non te lo aspetti.
Dai primi minuti, tutto si imposta in una strana normalità da accettare.
Fermi in autostrada, un mutante crea il caos ma nessuno va nel panico.
È il mondo di oggi, baby. 
E lo è davvero.
È un film metaforico soprattutto, con una metafora bella evidente fatta di inclusione e accoglienza, di chi chiude gli occhi e di chi lascia ad altri il potere di decidere, di politiche poco umane per chi umano lo è. Polizia e popolazione sono divise allo stesso modo, fra commenti razzisti (e in questo caso il termine casca a pennello) e tentativi di salvaguardia.
Tra metafore profonde e altre più semplici come il rapporto padre-figlio nel turbinio dell'adolescenza e del corpo che cambia, se la cavano egregiamente i francesi, anzi Thomas Cailley, iniziamo a metterci i nomi, con effetti speciali e trucchi prostetici spaventosi il giusto, la colonna sonora d'atmosfera di Andrea Laszlo De Simone premiata ai Cèsar, mentre il trio di attori Romain Duris, Paul Kircher, Adèle Exarchopoulos è quello giusto, con le facce giuste, tra giovani promesse e sicurezze.


La libertà dei diversi passa inevitabilmente attraverso la libertà concessa da chi gli è vicino e di chi sta al di sopra, e virando verso l'azione nel finale, con un rapporto padre-figlio da salvare, entra anche quella sfera emotiva che fa sempre la differenza.
Come tutti i futuri distopici si parte da un presente tutt'altro che idilliaco, che dà il là agli artisti per immaginare scenari impossibili in cui calare i loro assi.
In questo regno animale l'umanità può ancora essere di casa.

Voto: ☕☕/5

2 commenti:

  1. L'avessero fatto a Hollywood sarebbe uscito qualcosa in stile X-Men o giù di lì. Fortuna che invece l'hanno fatto i francesi ed è uscito qualcosa di decisamente più strano e più bello. Anche se non tutto mi ha convinto dall'inizio alla fine, bene così :)

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    1. Il tocco francese fa davvero la differenza, ne avevo letto pochissimo e la sorpresa è stata ancora più grande.

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