5 novembre 2020

We Are Who We Are

Mondo Serial

Chiamami col tuo nome.
Chiamami Chioggia, anche se dovrei essere Aviano. 
Chiamami base militare americana, quel non luogo, quel luogo brutto, dovere crescere è una gran fatica per dei giovani. 
Sballottati in giro per il mondo da genitori che si vogliono e si devono sempre imporre, in situazioni di squilibrio perenne e di instabilità continua, con scuole che cambiano, gli amici che passano, disposizione di case, di supermercati, di cinema sempre uguali. 
Una nazione a sé, dentro un'altra nazione, dove capire chi si è si fa ancora più difficile.


Chiamami col tuo nome.
Chiamami Fraser. 
Chiamami fashion-victim, chiamami gender-fluid, chiamami pansessuale. 
Chiamami come vuoi. 
Non mi interessa. 
Mi muovo con le cuffie alle orecchie, mi muovo al mio ritmo, con la mia musica. 
Osservo, mi informo, conosco.
E capisco.
Capisco che Caitlin non è solo Caitlin.


Chiamami col tuo nome.
Chiamami Harper.
Tagliami i capelli, mettimi una barba posticcia, chiamami transgender, chiamami gender-fluid, chiamami confusa.
Forse amo il mio ex, forse amo la mia migliore amica, forse amo quella ragazza vista in un bar, quella che al bar ci lavora, la madre del mio migliore amico o il mio migliore amico.
Chiamami soldato, chiamami figlio, più figlio di quello riconosciuto ma non voluto, che cerca nella religione la sua appartenenza.


Chiamami col tuo nome.
Chiamami Luca Guadagnino, che non sa stare fermo, che dopo l'exploit di Chiamami col tuo nome torna sui suoi passi, mette in un angolo un sequel rischioso, supera le critiche di un Suspiria diverso e sperimentale, accantona i documentari sulla moda, e torna a parlare di giovani e ai giovani.
Con l'aiuto di un Paolo Giordano ispirato anche quando parla per quelle frase eccessive proprie dei giovani.
Quelli che cercano di orientarsi e di capirsi, tutto in una base che ha i suoi confini, le sue regole, pronte ad essere smantellate e rimesse in discussione da elezioni che non sono solo uno sfondo.
Prende dei giovani e ci mette tanto di suo, in quel Fraser che segue sfilate ed etica, in quella Caitlin che si confronta, in quelle donne, sposate, ma che non sono entrambe madri.
In quelle famiglie non unite, in quei figli che ci rimettono.


Si muove nel mio Veneto, quello di una Chioggia che non ha lo stesso fascino di Venezia, quello di una Jesolo il cui non-mare non si vede, quello di un Asiago con i suoi morti, i suoi monumenti, la sua vita, e sconfina a Bologna, dove lasciar correre i suoi protagonisti, finalmente consapevoli, liberi, innamorati.
In mezzo, le storie dei loro genitori di cui di fatto conta poco, anche se c'è Chloe Sevigny, e che nel finale non trovano spazio (giustamente? diciamo di sì, anche se l'improvvisa loro inconsistenza non si giustifica).
In mezzo amori altri che regalano però l'episodio migliore, quello di un matrimonio festeggiato in modo esemplare, eccessivo. Un qui ed ora (il numero 6 per la precisione) indimenticabile.
Come se il fantasma della guerra, della morte, non ci fossero.


Più che alla trama, Guadagnino punta alle situazioni, ai momenti, e lo conferma in un finale-non-finale, sospendendo "storylines" secondarie, mettendo da parte gli altri personaggi, per concentrarsi sui veri protagonisti.
Su Fraser e Harper. 
O Caitlin.
Nello scegliere i momenti, questi diventano iconici, che ci siano i Backstreet Boys di sottofondo, o Blood Orange, che diventa protagonista a sé, ospite d'onore in un suo concerto, e a cui Guadagnino regala un videoclip eccezionale come questo:


E infine ci sono loro: i bravissimi Jordan Kristine Seamon e Jack Dylan Grazer, con quest'ultimo che già dai tempi dei Losvers era da tenere d'occhio e che qui tra movenze, tic, balletti e sguardi, regala un'unicità unica al suo Fraser.
Chiamami col tuo nome, chiamami pure un po' Xavier Dolan che male non fa, vista la storia di ricerca, di accettazione, di amore.
Chiamami We are who we are.

Voto: ☕☕☕☕/5

4 commenti:

  1. Tra le mie preferite dell'anno.
    Vitale, energica, bella. Ambientata in un passato remoto, senza mascherine, con concetti, abbracci.... Che nostalgia!

    PS. Guarda His House su Netflix. Brividi e lacrime.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Difettucci ne ho trovati, ma quel finale romantico e vitale me li ha fatti dimenticare.

      His House l'avevo adocchiato ma non ero sicura facesse per me, mi fido!

      Elimina
  2. Se ne sono fregati di chiudere tutte le storylines, e pazienza se qualche personaggio è sparito all'improvviso...
    Gli adulti in questa serie sono delle presenze secondarie, messe così, tanto per far scena. Alla fine è il trionfo spudorato dei teen e del genere teen. Grande Guadagnino! :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A questo punto, perché non parlare solo di loro mi chiedo?
      Ok, a Guadagnino si perdona tutto, soprattutto per i videoclip che realizza.

      Elimina