8 gennaio 2021

Ma Rainey's Black Bottom

Andiamo al Cinema su Netflix

Ma Rainey's Black Bottom

La madre del blues sono io e si fa come dico io.
Mi si aspetta.
Si accettano le mie condizioni.
Mi si venera e mi si rispetta.
Incuto paura, incuto timore, incuto reverenza. 
È l'unico modo per farcela in questo mondo diviso.
Bianco e nero.
Donne e uomini.
Voi sfruttate la mia voce?
La mia presenza?
E io sfrutto voi, il vostro tempo, il vostro denaro, facendo come, quando, dico io.
Così si resiste negli anni '20 in America, a Chicago per giunta.
Ci si impone.


I sogni? 
Quelli non si avverano.
La fama?
Non basta.
La pelle sarà sempre lì, a far risaltare nel mezzo di un hotel, a rendere sospettoso un poliziotto.
E allora, si fa come dico io.
Dove posso, nel mio ambiente, comando io.
Sono una Ma ingombrante e poco accomodante, sono una Viola Davis che infastidisce, che si cala pori e sudore nella parte, sono una presenza che occupa la scena, la domina, facendosi protagonista anche se in fondo protagonista non è.
Poche battute, poco minutaggio, ma quello che basta a rimanere inciso.


Levee's Black Bottom

Il blues è morto.
Ma lo si può risuscitare.
Senti come suona meglio così.
Con leggerezza, con fantasia, con speranza.
La speranza è la mia.
Quella di un giovane che vuole imporsi, che vuole formare la sua band. Stanco di essere dietro la scena, all'ombra dei riflettori.
Ma sognare cosa costa? 
Sognare il riscatto dopo una vita di soprusi, dove il razzismo incombe e non si dimentica, dopo un'infanzia segnata nel più tragico dei modi.
E allora lo liscio senza problemi il pelo ai bianchi, quei bianchi che possono darmi l'occasione.
Che m'importa.


Parlo, spero, gigioneggio.
Faccio gli occhi dolci a chi non potrei.
Diventerò una star.
Nessuno potrà più mettermi in un angolo.
No. 
Nemmeno Ma Rainey.
Levee sarà il nome sulla bocca di tutti.
E quel passato non mi tormenterà più, quella rabbia smetterà di crescere e uscire ad ondate, la testa la metterò a posto.
O forse no.
Sono un Levee che vola e che punge, che ha il ritmo che scorre nelle vene e nella lingua, sono un Chadwick Boseman che se n'è andato troppo presto, prima che riuscissi davvero ad impormi ai più.
A quelli lontani dai film Marvel, almeno.
Che se Black Panther devo restare, ci sono piccoli ruoli e poi c'è questo, in cui nonostante la figura esile, nonostante il titolo inganni, mi fa vero protagonista. 
Mi fa gigante, e rende più che plausibile -e non un contentino del politicamente corretto- una nomination e chissà, pure una statuetta agli Oscar. 
Per quanto postuma.


Lisa's Black Bottom

Il blues non fa per me.
Non in musica, che nei suoi assoli, nei suoi voli, mi perdo.
Ma al cinema è un'altra cosa.
Il blues è fatto di parole, di dialoghi e di monologhi pieni di ritmo e di poesia.
Quella di August Wilson, che il cinema sta scoprendo solo ora, dopo anni di glorie teatrali.
Dimenticata la rabbia e i modi burberi di Barriere, qui è un racconto a tempo di musica, fra due anime diverse, fra i componenti di una band che si fanno spettatori partecipi, di un piccolo mondo che è però perfetta sineddoche di quello che sta fuori.


Ma Rainey e Levee, la solidità e la leggerezza, la consapevolezza e la speranza, i silenzi e la tante, tantissime parole a contrapporli.
Una storia piccola, la loro, chiusa in un afoso studio di registrazione.
Teatrale, appunto.
E potente proprio per questo.
Per come ci consegna due prove d'attore, ma facciamo anche cinque (con il resto della band Glynn Turman, Colman Domingo, Michael Potts e la sensuale Taylour Paige) che sarà difficile dimenticare.
Immediato e più doloroso di quel che ci si aspettava, con un finale che fa arrabbiare, fa penare, la versione di questo blues è nera, è una hit.

Voto: ☕☕½/5

4 commenti:

  1. Bello, rigoroso, intenso.
    Anche se forse Ma' ha ragione. Il blues lo possono capire soltanto i neri. E questo film, fino in fondo, anche.
    La visione è comunque formativa.

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    1. Come con Barriere, il linguaggio e il ritmo di Wilson ha dei limiti su di me, e i personaggi sono urticanti.
      Ma chiusa in quello studio non mi sono trovata male, anzi, meglio di quel che pensavo.

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  2. Ottimo film, che mi ha sorpreso decisamente.
    Nonostante la sua struttura teatrale, che rimane il suo unico limite, è una visione potente e racconta una piccola storia che sa farsi grande.
    Anche per me è una hit!

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    1. La struttura teatrale non mi è dispiaciuta, anzi, l'hanno saputa mantenere bene.
      Sarà una hit che arriverà agli Oscar?
      Io dico di sì.

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