23 dicembre 2016

Sully

Andiamo al Cinema

Non reggo i film sugli American Heroes.
Non mi fanno impazzire le pellicole tratte da eventi di cronaca vera, soprattutto recenti.
Non sono un fan di Clint Eastwood.
Mai sopportato Tom Hanks.

Ricalco la lista del Cannibale (tranne il punto sui Capitani, su cui non mi sono mai fatta un'opinione), perché come lui, questi sono tutti punti che mi fanno allontanare da un film, che a priori mi fanno storcere il naso.
La voglia di vedere Sully, proprio per questo, non c'era.
Nemmeno un po'.
Mi riservavo, nel caso, di recuperarlo in vista di una qualche nomination agli Oscar o ai Golden Globe.
E allora perché ne sto parlando ora, ora che dai giochi dei GG è stato escluso e che per quelli degli Oscar c'è tempo?
Principalmente, per una questione di completezza, che se in tanti vanno a sbandierare il capolavoro, vanno urlando "miglior film dell'anno", tu che la tua classifica sui migliori film dell'anno la stai facendo, un po' ti senti chiamata in causa. E poi, visto che al cinema certi film sono ancora senza possibilità di visione causa esubero di cinepanettoni, ripiegare su Sully è stato naturale.
E sorpresa delle sorprese, il Cannibale aveva ragione, a fregarti qui, è il fattore umano.



Anzi, lo ammetto, a fregarti è la costruzione del tutto ad opera di Eastwood, priva di quel patriottismo che sembrava esserci, del buonismo, della retorica che temevo, anche se qua e là, fra rallenty e musica in crescendo, qualcosa c'è.
Ti frega che Sully è interpretato da un Tom Hanks che finalmente ho visto calato in un personaggio, riuscendo a far dimenticare l'attore (e ha aiutato la visione in v.o.): dietro quei baffi, dietro quella crisi e quelle certezze, c'è il Capitan Chesley Sullenberger, un uomo qualunque, che diventa un eroe per aver fatto il suo lavoro.
Che sì, consiste nel pilotare un aereo, partire e atterrare senza problemi, ma significa anche che se i problemi saltano fuori, saperli gestire e risolvere quei problemi.
Clint Eastwood riesce a non essere né banale né buonista né retorico scegliendo di concentrarsi non tanto sul momento dello schianto, pardon, ammaraggio, del volo US Airways 1549 sull'Hudson, ma sui giorni a seguire, quando un'inchiesta da parte dell'NTSB (National Transportation Safety Board) viene aperta, proprio contro Sully, che ha portato in salvo tutti i 155 passeggeri del volo. Potevano salvarsi tutti, e in modo più semplice e meno dispendioso, ritornando nell'aeroporto di partenza, potevano atterrare in un altro aeroporto delle vicinanze, risparmiando sull'assicurazione, sulle operazioni di salvataggio. Di questo viene imputato.
Numeri, statistiche, simulazioni, il tutto a mettere in discussioni i calcoli fatti a mente fredda -per quanto possibile- da Sully e dal suo copilota Jeff Skiles.


Clint ricostruisce il tutto, terrificante ammaraggio compreso, in flashback e in ricordi, mettendo dubbi anche al suo protagonista, mettendo dubbi a noi, spettatori, prendendoci in contropiede davanti a un disastro imminente.
Ed è l'ansia, che arriva, il pathos, misurato, calcolato, freddo, ma che si sente. È la solidità, quella del Clint migliore.
E così, ogni pronostico viene ribaltato, ogni concessione la si lascia, anche a quell'Aaron Eckhart baffuto chiamato a fare da spalla stemperante, e che in quel finale e in quella sua battuta, ci riesce alla perfezione.
Sully non sarà un capolavoro capace di sopravvivere al tempo -troppo recente la storia che racconta, troppo breve e poco denso il canovaccio da cui parte finendo per ripetersi e non sapere dove andare in alcune svolte- ma resta un bel film, non il più bello dell'anno, ma  uno tra i più sorprendenti, visto che è riuscito a sorprendere me, e a rispondere -o quasi- alla fatidica domanda: dove se ne vanno le oche quando ghiaccia il lago di Central Park?


Regia Clint Eastwood
Sceneggiatura Todd Komarnicki
Musiche Christian Jacob
Cast Tom Hanks, Aaron Eckhart, Laura Linney
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8 commenti:

  1. Ah, felice che ti abbia sorpreso.
    Non l'ho odiato come American Sniper, ma l'ho trovato troppo asciutto, troppo impersonale. E' proprio il cinema, la cronaca, a lasciarmi indifferente. Ho provato lo stesso anche con American Crime Story. La domanda (scema ma non troppo) è: cosa mi danno prodotti del genere di diverso da un servizio al telegiornale? In questo caso, lo riconosco, molta tecnica ma non grandi emozioni.

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    1. A sorpresa, invece, sono state proprio le emozioni a fregarmi, non solo dell'ammaraggio ma anche di Sully l'uomo.
      Sui film cronaca, la penso come te, però ogni tanto ci sono queste eccezioni in cui un gran cast e un gran prodotto, incontrano anche i sentimenti. Meglio, in ogni caso, una storia originale, continuerò a pensarlo.

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  2. L'inizio del post mi suonava stranamente familiare... ;)

    Il fatto che Clint Eastwood dopo l'orripilante American Sniper abbia fatto un film decente in effetti è stata una sorpresona. Chi l'ha scelto come film dell'anno però si droga. :D

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    1. Il fattore American Sniper ha giocato la sua parte in fatto di pregiudizi/sorpresa, ovviamente. Film dell'anno manco per sogno, devo ancora trovargli posto nella mia top 20, vedremo...

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  3. Non il film dell'anno, e neppure uno dei migliori in assoluto di Clint, ma un film che è un esempio di solidità e rigore.
    Promosso. Ma dalle mie parti era quasi ovvio. ;)

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    1. Dalle tue sì, dalle mie un po' meno vista anche la poca voglia di vederlo di partenza. Felice di essermi ricreduta :)

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  4. Beh, ti devo tirare un po' le orecchie... :) come si fa ad aspettarsi da Eastwood un film patriottico, retorico e buonista? La sua filmografia parla per lui: rigore, asciuttezza e sobrietà sono da sempre i cardini del suo cinema. "Sully" non è un capolavoro, e neppure il miglior film di Eastwood... ma avercene di film "medi" come questo!

    Un abbraccio, Lisa. E Buone Feste per questo carissimo Blog :)

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    1. Sauro, dico solo American Sniper, che so tu difendi a spada tratta ma per me è la rappresentazione di quegli aggettivi.
      Visto però che qui la pensiamo allo stesso modo, buon Natale e buone feste :)

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