3 agosto 2019

Midsommar

Andiamo al Cinema

È l'horror sulla bocca di tutti da mesi.
Acclamato, elogiato, applaudito in patria.
Ari Aster insignito di cariche sbalorditive in quanto regista di horror, lui che aveva già convinto la critica -meno me- con Hereditary.
Tanto da far attendere pure a una paurosa per antonomasia la sua uscita in Italia, armandomi nel mentre di coraggio e stomaco.
Succede però che del primo non ho bisogno, del secondo forse un po'.
Perché Midsommar è un horror anomalo.



Un horror alla luce del sole, che non tramonta mai in quella Svezia in cui Dani va per cercare di superare un lutto inimmaginabile, accompagnando quel ragazzo che non sa come lasciarla e i suoi amici restii nei suoi confronti.
Un horror in cui mancano le parti di tensione, gli jumpscare classici, ma che vive di piccoli scontri, di crescendo e di allucinazioni in quella comune in mezzo ai boschi che da subito ha qualcosa di sinistro: una comune in cui la vita termina a 72 anni e i riti sono psichedelici e stranianti.
Un horror in cui c'è però tanto slasher: ci sono situazioni, momenti, corpi esposti e difficili da guardare. Corpi luminosi quasi, con il sangue che fa così meno impressione, pulito come sembra dai raggi del sole.


Se la storia è piuttosto classica nonostante le particolarità antropologiche all'interno della Hårga, a fare la differenza è davvero lui: Ari Aster.
Il suo occhio, la sua precisione, la sua geometria. E il mondo che crea fatto di rune, di simboli, di fiori e di cibi, di case e di abiti tutti dannatamente perfetti. In questa perfezione, in questa simmetria colorata dove praticamente ogni scena sembra un quadro, si ritrova lo stile che si aveva adorato nonostante una seconda parte non all'altezza della prima in Hereditary.
Qualche esempio?






Come non rimanere a bocca aperta, affascinanti ed estasiati da questa fotografia, da questa scenografia, da questa regia? Tutte capaci di far sentire l'effetto delle droghe, del dolore?


Così, anche se non fa paura, anche se la storia resta in parte inconcludente e in parte poco originale, così anche se Jack Reynor con le sue espressioni ridicole rischia di offuscare la bravura di una Florence Pugh decisamente intensa, questo Midsommar, proprio come una setta, affilia a sé.
Capace con trucchi di geometria di mettere un tipo diverso di brividi. Quelli di puro piacere.

Voto: ☕☕½/5

4 commenti:

  1. Regia meravigliosa, ma il film in sé mi ha deluso e stomacato. Tutta forma, poca sostanza. Rimpiango i soldi del biglietto, pagato un prezzo assurdo di sabato sera.

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    1. Mi dispiace, per me la forma ha vinto sulla sostanza che comunque c'è. E i soldi del biglietto, vista la forma che si può godere su grande schermo, li ritengo ben spesi in questo caso :)

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  2. mercoledi al ducale dovevo decidere tra questo e men in black international e, ahimè, ho scelto quest'ultimo porcaccia ladra.....

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    1. Spero che nel mentre tu abbia recuperato, soprattutto al cinema certe scene danno il meglio di sé.

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