È nata prima P. o Jules?
Quanto di Euphoria c'è in Fumettibrutti e quanto di Fumettibrutti c'è in Euphoria?
Impossibile non pensarci, mentre si sfogliano pagine dai colori acidi, giornate di un'adolescenza fatta di droghe e di sesso, di ricerca di sé e del proprio posto nel mondo.
Difficile non farlo mentre è in onda una seconda stagione folgorante come la prima, in cui Jules, con tutto il suo carico sessuale, ipnotizza ancora una volta.
E nei tratti tutt'altro che brutti di P. -che poi sarà Yole, che è Fumettibrutti- sembra di ritrovarla, Jules.
In quella che però è la storia della sua vita, dei tumultuosi anni della giovinezza, sezionata e strappata in tutti e tre i capitoli di questa trilogia.
Che, lo ammetto, fatico a vedere come tale.
Parte tutto da Romanzo Esplicito: poche tavole, colori più che acidi, a raccontare in ancor meno parole le scelte di vita di un'adolescente che non sta bene.
Che ha un profilo in una chat dove per età non potrebbe stare, che invece di avere i più classici problemi d'amore fa sesso con adulti, senza però svendersi.
Giusto qualche sigaretta, una cena da McDonald.
E poi i bulli, gli amici che non la capiscono, la fuga da tutto sono frutto di questo disagio, del ricordo di un amore che non c'è più, che sembrava salvarla, che sembrava diverso, ma che l'ha abbandonata.
Lasciando solo un cuore infranto.
Breve e folgorante, anche se capace di vivere di quei frammenti raccontati, questo esordio andava approfondito.
E così, P. - La mia adolescenza trans ci fa tornare sui banchi di scuola, in cui P. non si sente maschio, vorrebbe essere donna, o forse no.
Disegna, fa acquerelli che esprimono il suo disagio e la sua depressione, che anche una professoressa coglie.
Sempre in quella chat dagli incontri proibiti, sempre con il cuore infranto per un ragazzo che non è pronto ad accettare i suoi gusti, sempre quelle uscite fra gli amici mentre come una grande metafora, pure la scuola cade a pezzi a partire dal tetto.
Ed è qui che Euphoria irrompe, che P. sembra Jules, Jules sembra P., tra scelte sbagliate, il sesso come via di fuga, come modo per farsi apprezzare e dimenticarsi un po'.
Anche qui c'è la famiglia, che capisce, ci sono gli amici, che stanno vicino, e infine c'è un lungo processo burocratico e psicologico per far uscire Yole da P.
Un'adolescenza più matura, gialla come il sole che accieca, come il fuoco che scotta.
Ma gialla anche come una certa gioia, che coglie improvvisa quando tutto sta per finire, e iniziare, con le farfalle allo stomaco, anche se dalla vita breve.
Ma c'è tempo ancora, perché il processo di accettazione e di trasformazione è lungo.
Passa attraverso Anestesia, che approfondisce gli anni bolognesi di quell'esordio che continua ad essere materiale a cui tornare.
In cui, nel blu del torpore, della depressione e della crisi, si intravede quella che potrebbe essere Rue.
Ylenia è più stabile, però, anche se ugualmente spaventosa.
Un'amica a cui a fatica si racconta di quel passato che doveva essere tagliato via come una parte del proprio corpo, come quell'amore che non ha resistito al cambiamento, o che forse mai avrebbe resistito comunque.
In questa terza parte, lo spazio è occupato da lunghe parole, da qualche invettiva contro la sanità, contro le allusioni comuni.
Colmano quanto i silenzi avevano già saputo raccontare in modo più esplicito, ma per fortuna ci sono allucinazioni e digressioni sotto farmaci che colpiscono.
Pagine improvvisamente bianche, poi nere, momenti più artistici di una storia che tristemente si conosce già, e che sembra qui meno ispirata.
In attesa di capire quanto euphorico sarà l'adattamento a serie TV da parte di Feltrinelli di questa trilogia, resto incantata da un tratto diverso e da un uso del colore più che simbolico, ma spero di trovare altro di Fumettibrutti.
Altro oltre questa storia che sembra già spremuta fino alla sua ultima tappa.
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