19 gennaio 2022

King Richard - Una Famiglia Vincente

Andiamo al Cinema

Dietro un grande sportivo, c'è spesso un padre ossessionato.
Ossessionato da sogni di gloria e contratti milionari, ossessionato dal crescere una star, dal far diventare quel figlio un buon investimento o semplicemente quello che non è mai stato in prima persona.
Ce lo ha raccontato Andre Agassi nella sua biografia Open.
Ce lo racconta King Richard che raddoppia la sua ossessione decidendo di concepire e di crescere due figlie perché diventino numero uno nel mondo del tennis.
Una follia, se non fosse che il suo piano si avvera ed ha il nome di Serena e Venus Williams.


Come raccontare, allora, questa ossessione che coinvolge un'intera famiglia?
Che preoccupa vicini di casa e assistenti sociali, ma che in fondo toglie da quelle strade pericolose di Compton adolescenti che chissà che svaghi, che pericoli, potrebbero trovarci?
Ce lo racconta con il più classico dei biopic, che punta pure lui a vincere facile, a sbancare agli Oscar nel nome di Will Smith.
Che si trasforma, che si trascina, che si fa pedante e irritante in una parlantina infinita che rende bene un personaggio totalizzante e difficile da amare com'è Richard Williams.
Lo fa soprattutto fregandosene dei limiti, con una durata colossale di 145 minuti che sfiancano peggio di un incontro di tennis.


E viene facile domandarsi, perché?
Perché c'è bisogno di così tanto tempo per raccontare una storia che riesce comunque a tagliare fuori troppo?
Che ridimensiona un personaggio che la cronaca sportiva e del gossip negli anni ha tratteggiato come un padre-padrone, tralasciando invece tra la disciplina richiesta, c'erano le richieste che le due figlie vivessero come delle adolescenti, badando ai voti a scuola, al divertimento in stile Disney.
Mettendo in luce anche la figura di Oracene "Brandy" Price, sicuramente più interessante, che in una litigata strizzatina d'occhio all'Academy fa svettare Aunjanue Ellis su Smith, fa pensare a come un film biografico su questa madre coraggio e in ombra sarebbe altrettanto interessante.


Ma se non riesci a condensare in 90 minuti la tua storia, hai un problema.
Lo penso da sempre, lo penso qui in cui si mostrano ossessioni e tentativi di avere un coach, in cui si mostrano incontri juniores e pause forzate, in cui proprio quando le cose si fanno interessanti, quando Venus esordisce fra i pro, ci si ferma.
Relegando Serena in un angolo, a cui probabilmente prima o poi sarà dedicato un biopic a sé.


Ne esce un quadro stancante, e non sempre appassionante, rendendo la sfida finale il vero fulcro della storia come già aveva insegnato Borg McEnroe, che al contrario in soli 100 minuti aveva saputo focalizzarsi sulla sfida fra diversi, la voglia di imporsi, rendendo appassionante e fruibile anche a chi -come me- di tennis non ha mai capito le regole, la partita.


La sensazione, poi, in titoli di coda che mostrano riprese dal vero, vere interviste, è che un documentario avrebbe saputo raccontare meglio luci e ombre di un re così ingombrante.
Ma ci tocca accontentarci del classico film biografico made in Hollywood che punta sulla trasformazione del suo attore protagonista, con il sogno impossibile, il riscatto e le cadute, le ossessioni e la rivalsa come da copione standard.
Se lo scorso anno era toccato a Billie Holiday, questa volta tocca a Richard Williams.
Film così, sempre ci saranno, nel bene e nel male.

Voto: ☕☕½/5

1 commento:

  1. A me non ha stancato per niente, e sì che di tennis non me n'è mai fregato nulla.
    Il documentario di 8 ore sui Beatles in cui non succede nulla, quello sì che è inutilmente lungo e sfiancante ahahah

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