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Tu ci credi alla sfortuna?
A quelle giornate in cui va tutto storto, dalla sveglia che non suona alla doccia che non va al pane tostato che cade inevitabilmente dalla parte della marmellata?
Ci credi a una vita in cui la sfortuna sembra imperare, ma che un semplice penny, un penny fortunato, può cambiare?
Nel mondo materialista di oggi, amuleti, spiritualità, possono sembrare credenze superate.
Ma John Lasseter, lui che era il Re Mida dell'animazione, allontanato per comportamenti inappropriati pur non subendo nessuna denuncia, decide di produrre come primo film per la Skydance di cui è direttore artistico, questo mondo, di crearlo anzi: un mondo doppio, in cui la fortuna e la sfortuna con le loro caratteristiche, con i loro aiutanti, sono separate da un filo sottilissimo, ma infondono nel mondo la loro energia in un equilibrio fragile e resistente.
Ed è in questo mondo che finisce Sam, orfana che una famiglia adottiva non l'ha mai trovata, ma ora che è adulta, che deve occuparsi di sé e della sfortuna che sembra attanagliarla, vede tutto cambiare grazie a un penny fortunato.
Un penny perso per assurdo da un gatto nero, che fortuna ne porta davvero, e la porta in quel mondo, magico e in cui confondersi, per riuscire ad aiutare la piccola Hazel, orfana come lei e come lei in attesa di una famiglia. E perché no, aiutare pure quel gatto dall'accento forzatamente scozzese, che senza quel penny rischia grosso in un mondo-impresa tutto da scoprire.
Fin qui, tutto bene.
Un mondo colorato e doppio, in cui impazzire per gatti, leprecauni, unicorni, conigli e draghi dalla voce suadente di Jane Fonda e pure mostri radici meno temibili del previsto (nell'upside down sfortunato).
Ma è proprio qui che la trama inizia a scricchiolare.
In quel suo svilupparsi a tappe, in piani che richiedono altri piani, in divisioni dei compiti e scene d'azione per quanto divertenti e ben coreografate, riempitive.
Con tanto di balletto su Lucky Star a prova di bimbi.
A mancare, è la profondità in gioco, e non basta una protagonista orfana dal cuore grande per cambiare le cose, e nemmeno quel finale commovente in cui una lacrima scorre comunque.
La magia, c'è, e si vede in trovate rocambolesche (in cui l'esperienza da coreografa della regista Peggy Holmes fa la differenza) e in una condivisione che va da sé viene sottolineata con il solito spiegone finale, ma inevitabilmente, in un mondo dell'animazione che sembra incagliato nel ripetersi, ci si aspettava qualcosa di più di una visione che scorre e che fa felice la gattara che è in me.
Manca il coraggio, la prospettiva diversa, anche se si è sulla buona strada.
La Skydance che per tecnica e nomi coinvolti sembra già una nuova versione della Pixar, è senza dubbi una casa di produzione da tenere d'occhio.
Il suo primo passo, anche se non riuscito al 100%, è fortunato.
Voto: ☕☕½/5
Un pochino mi ispira.
RispondiEliminaChissà se con me questo film avrà... fortuna. :)