8 aprile 2024

Il Lunedì Leggo - La Vasca del Führer di S. Dandini

Provo una sana invidia per Serena Dandini.
La sua infanzia in una villa dal parco immenso, il suo pollice verde e la sua ossessione per i giardini nel mondo, il suo saper scovare i personaggi, le storie, più curiose da raccontare. E farlo in semplicità, quasi in confidenza, mettendoci dentro anche la sua vita a giustificare scelte e percorsi.
Insomma, è una narratrice affine, di cui sempre mi fido.
Dopo Paradisi e Fiori, dopo Parigi, la leggo con ritardo nel ritratto di una fotografa che vista l'aria femminista di oggi sarebbe ancora più iconica, per usare un termine poco iconico.
Elizabeth Miller, Lady Penrose o semplicemente Lee Miller, che ha attraversato il '900 cambiando pelle e lavori, in una crescita professionale continua in barba a chi voleva le donne negli anni '20 e negli anni '30 chiuse fra le mura domestiche.
Non lei. Non i suoi genitori, per fortuna.
Il guizzo a Dandini arriva con una foto rubata, anzi, scovata.


Una foto rimasta per anni nascosta nella soffitta di Farleys House, fattoria della famiglia Penrose nell'east Sussex, in cui dentro c'è tutto.
C'è lei, Lee, nuda, in una vasca da bagno.
A guardarla solo un ritratto di Adolf Hitler, una statuina greca, l'occhio del fotografo.
Ai suoi piedi, degli scarponi militari infangati che sporcano quella normalità.
Sembra la foto di una modella.
Sembra una foto da studio.
Sembra una provocazione e soprattutto un atto politico.
Il fatto è che la vasca in questione è proprio quella di Hitler, nei suoi appartamenti privati a Monaco, liberati e occupati dall'esercito inglese di cui Miller è al seguito come fotoreporter.
Gli scarponi sono quelli che Lee stessa indossava, con cui è appena rientrata dagli orrori dei campi di concentramento, che ha testimoniato, fotografato, impresso, gridando al mondo: è tutto vero!
La banalità del male, di tutto il male che ha appena visto, sta tutta lì.
Dentro una vasca banale, in una posa banale, nell'arte banale di cui Hitler si circondava.

Eccolo, il guizzo che una narratrice cerca: una foto dietro e dentro cui c'è una vita spericolata e forsennata che non sa come fermarsi prima e dopo le corse della guerra e che deve essere raccontata.
Modella prima, musa per i surrealisti poi, compagna e allieva di Man Ray, ritrattista ricercata a New York, moglie trofeo a Il Cairo e infine in fuga con gli amici artisti, con Picasso e con il nuovo amore Roland che sposerà, che seguirà a Londra e che abbandonerà pur di seguire la guerra per conto di Vogue. Anche questa (parlare e mostrare gli orrori del fronte su un giornale di moda femminile) una delle tante contraddizioni che una donna tanto bella quanto intelligente riesce a portare avanti con eleganza.
È una vita ricca, piena di avventure e di amori, insaziabile di amanti e di esplorazioni, che la guerra, però, segna.
Come andare avanti, dopo l'orrore visto?
Come lavarlo via, se nemmeno il gesto artistico ci riesce?
Come fare pace con se stessa, con un marito che si è deciso di tenere, con un figlio arrivato tardi e con il mondo che va avanti veloce?

Dandini condensa e approfondisce, apre parentesi e non disdegna digressioni per inquadrare il periodo storico, i personaggi incontrati, per giustificare la sua eroina.
Lo fa con quello stile che le invidio, personale e appassionato, chiaramente ammirato dal coraggio di una donna capace di tutto questo, di queste maschere, di queste decisioni, in anni in cui tutto questo era impensabile per una donna.
A breve, Lee Miller riceverà ancora più luce grazie a un film di cui si parla dal 2015 in cui sarà Kate Winslet a interpretarla.
Io cercherò di seguire le sue orme, anzi, quelle di Dandini, segnando un prossimo pellegrinaggio a Farleys House.

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