La Mini-Settimana Horror
Li si aspettava al varco, i fratelli Danny e Michael Philippou.
Li si aspettava anche con un filo di trepidazione dopo i brividi che erano riusciti a regalare con Talk to Me, uno degli horror che è stato davvero uno degli horror dell'anno 2022.
Originale pur muovendosi su terreni noti, su oggetti capaci di rievocare e di mettere in comunicazione con i morti, con tanto di maledizione da passare e contro cui combattere.
Insomma, c'erano di mezzo i soliti adolescenti annoiati e problematici tipici degli horror.
Lo stesso sembra apparentemente qui, nella loro seconda fatica.
Con i fratelli Andy e Piper, orfani in modo traumatico, chiamati da sempre a proteggersi a vicenda vuoi dal dolore per la perdita di una madre, vuoi da una disabilità (quella di Piper, ipovedente) che comporta prese in giro e una certa solitudine rispetto al resto del mondo.
Hanno un loro codice, sono la loro famiglia.
Ma non sono loro, adolescenti in lotta con i loro traumi, quelli su cui focalizzarsi.
È Laura, la loro nuova madre affidataria, che in casa ospita anche il silenzioso Oliver, va da sé inquietante al punto giusto tanto da essere chiuso nella sua stanza a doppia mandata.
Cosa nasconda in realtà questa psicoterapeuta che deve ancora fare i conti con la morte della figlia, ipovedente a sua volta, è facile intuirlo.
Ma come sempre è il viaggio per arrivare allo svelamento di questa verità che conta.
Contano i video a bassa qualità, enigmatici e spaventosi che puntellano il film, conta Oliver, ovviamente, che osserva, che graffia, che balza e sanguina e stride e fa temere il peggio, conta la tensione data non solo dall'aspetto metafisico del film -quello che ancora una volta comunica con i morti- ma anche da una realtà che vede Andy sbagliarle tutte e mettere a rischio il suo futuro da tutore di Piper.
Il film prosegue su questi due binari che devono ovviamente scontrarsi, con Laura che poco a poco mostra la sua vera natura manipolatrice ed è vincente la scelta di Sally Hawkins che con quella frizzantezza e leggerezza ha sempre emanato un filo di terrore, almeno ai miei occhi.
Salutato già come l'horror dell'anno (anche se tallonato da Weapons -riuscirò a vederlo? spero di sì, ma 25 euro di biglietto a Stoccolma non mi sembrava li meritasse), Bring Her Back crolla in una seconda parte dove si preme sull'acceleratore, non solo metaforicamente.
La costruzione minuziosa di silenzi, di richieste e di sospetti prende una nuova svolta con svelamenti precoci che vanno a minare la credibilità di queste costruzioni. Si corre all'improvviso più veloce, si approfondisce meno, con veloci scene di raccordo e di giustifica, e anche se stupisce poco quanto già si era intuito venisse nascosto in quella casa, in Oliver, questa velocità toglie solidità al racconto e nonostante un finale amaro e nero, senza speranza com'è un lutto se non viene elaborato, ho passato il tempo a dirmi che poteva essere gestito, costruito, montato meglio.
Vezzi da inesperta, probabilmente, di chi fa le pulci davanti a una storia di dolore e di fratellanza, di sopravvivenza, soprattutto. Ma se queste pecche mi hanno fatto uscire dal film, dai brividi che dava, non posso dirmi convinta.
Li si aspettava al varco, li aspettavo con un filo di trepidazione, e anche se non hanno deluso, dai fratelli Philippou mi aspettavo una cura maggiore.
Grazie per i brividi, comunque, i coltelli come i bambini, continueranno a farmi paura.
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Grado di paura espresso in Leone Cane Fifone: 3 Leoni su 5 |
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