Un genere di film che non ti aspetti di certo in concorso a Venezia.
E quel "genere" non vuole essere un aggettivo disprezzativo, anzi, parlo di genere-genere cinematografico, visto che dopo la rivalutazione del western, dell'horror (per quanto contaminato), ora le porte si aprono al rape and revenge movie.
Storia di stupro e vendetta, di brutalità che colpiscono allo stomaco e di una giustizia personale che prende piede.
Siamo in una Tasmania colonizzata dagli inglesi, dove l'esercito uccide i nativi, fra soprusi e abusi di potere, i delinquenti vengono mandati a scontare la loro pena. Clare -irlandese- vive sotto scacco, pur madre e moglie, è proprietà di un sergente che di lei abusa a piacere, promettendo invano una lettera di liberazione.
Tutto degenera in una notte, in cui l'alcool scorre a fiume, il risentimento pure, alla fine della quale Clare si ritrova non più madre, non più moglie e con un solo obiettivo: vendicarsi, rincorrere il sergente partito verso la città e una promozione.
La aiuta Billy, guida di colore, unico della sua tribù, capace di inseguire tracce e orientarsi nella pericolosa natura selvaggia che devono attraversare.
Parte così un viaggio che non sarà privo di incidenti e di sangue, mentre lo spettatore è ancora lì, a riprendersi da quell'inizio di una violenza difficile da digerire, e che ha sete di vendetta, pure lui. Sarà accontentato, ma come sempre, il viaggio che Clare e Billy intraprendono, porta anche ad altri risultati, che sanno inaspettatamente commuovere.
Inutile dire che lo stomaco, i nervi, vengono messi a dura prova.
Sam Claflin ha la faccia giusta per interpretare un sergente senza scrupoli e senza morale, mentre Aisling Franciosi, forte, volitiva, in altre parole una stronza che non cede mai, sa come farsi ricordare, guardando in camera, incantando con la sua voce lieve a far da contrasto.
Si potrebbe infine parlare di come l'unica regista donna in concorso (Jennifer Kent, la stessa di Babadook, qui i brividi sono però diversi) parli di vendetta al femminile, di riappropriazione di potere e identità. Ma The Nightingale va oltre questa semplice interpretazione al passo con i tristi tempi di oggi, abbraccia temi più ampi dalla colonizzazione allo sfruttamento, pur all'interno di un genere forte e brutale. Ne esce un film difficile da dimenticare e da digerire, anche solo per immagini di una bellezza estrema come quelle della natura incontaminata della Tasmania, dal quale si esce rinvigoriti, rafforzati, incantati.
Di questo film, dopo aver tanto cercato in rete, oggi ho letto più brutte cose (compresi gli insulti sessisti di un coglione seduto alla proiezione stampa: il pass non lo fanno sudare più, mi domando io?) che belle, e poi arriva a sorpresa il tuo post, convintissimo. Spero di vederlo presto. Il genere, con Matilda Lutz, con un'altra regista al comando, nel super pop Revenge infatti era lo stesso, ma qui cambiano senz'altro i toni (anche se il western, si sa, poco mi attira).
RispondiEliminaEro in sala quando quell'insulto è stato urlato, ma vuoi perchè c'erano gli applausi -parecchi, tra l'altro-, vuoi per la distanza, non avevo capito cosa si era urlato fino all'apertura il giorno dopo di twitter.
EliminaQuanto al film, io che il genere non lo conosco, l'ho apprezzato davvero tanto, capace di dar forza, far male, ma anche incantare.
mi ispira :)
RispondiEliminaUna vendetta sanguinolenta e molto girl power che ti piacerà, ne sono quasi sicura.
EliminaMeno male che c'è qualcuno che ne parla bene.
RispondiEliminaDopo Revenge, potrei dare fiducia a un altro rape and revenge movie...
Potresti e dovresti, non te ne pentirai.
EliminaQuanto a Revenge, ora non ho più scuse per non recuperarlo.