4 settembre 2018

Venezia 75 - Opera Senza Autore (Never Look Away)

Una storia d'amore che parte sotto le bombe, sotto ordini ingiustificabili, senza che i suoi protagonisti lo sappiano. Una storia di ricerca di sé, della propria voce, che passa attraverso le fasi della guerra, del dopoguerra, delle sperimentazioni. L'arte, in primo piano, come metafora di questo amore, di questa guerra, di questa Storia.
Non sono le prime cose che scriveresti su Werk Ohne Autor (Opera senza autore, titolo molto più significativo rispetto alla traduzione inglese), non sono le prime informazioni che diresti a chi si volesse avventurare nella visione, perché c'è un dato che le oscura: una durata di 188 minuti.
Tre ore per raccontarla questa storia, quindi, per passare dalla Germania nazista a quella comunista, e infine a quella libera dell'ovest, dove l'arte non è più su commissione ma è sperimentazione.
Tre ore che spaventano, ovviamente, ma che sorprendentemente scorrono, incantati da quell'amore, da una storia che sa non eccedere, sa non calcare troppo la mano.



Lo sguardo, è quello di Florian Henckel von Donnersmarck, che Le vite degli altri le sa raccontare bene, e qui ci racconta di Kurt ed Elisabeth, aspirante pittore lui, sarta lei, delle loro famiglie così diverse e segretamente unite da un segreto che è meglio non rivelare nei tempi del dopoguerra. Ci racconta un percorso artistico nato osservando arte definita degenerata, e che prosegue per manifesti e solo infine trova la sua voce, la sua strada, il successo, senza più una famiglia che la guerra ha distrutto, ma con una nuova famiglia a cui provvedere. E alla fine di questo percorso, sembrano passati davvero decenni da quell'inizio, da quella zia amorevole e particolare che illuminava la scena, ritrovandoci però consapevoli di quello che il nipote doveva capire, trovare.
Tom Schilling, che ha la fortuna/sfortuna di avere quella faccia che non invecchia, si contrappone all'odioso Sebastian Koch, mentre continua a brillare Paula Beer, incantevole e smaliziata.
Florian dopo lo sbandamento di The Tourist torna sulla giusta strada, e anche se qua e là la sua regia è più pulita del necessario -una grana più storica avrebbe giovato- il risultato è un lungo racconto capace di essere lieve, e romantico

2 commenti:

  1. Esatto. Donnesmarck è uno che sa raccontare storie, pur non permettendosi virtuosismi di regia. Le tre ore scorrono d'un fiato e ci si appassiona alla vicenda, perdonandogli anche alcuni (molti?) passaggi effettivamente molto televisivi. Però la visione d'insieme è potente, solida. Siamo tra i pochi a non averlo stroncato, però ha vinto il premio del pubblico...

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    1. Alla proiezione delle 8 ci sono stati molti applausi, anche se la sala era piuttosto vuota (direi che la colpa è dell'orario, però). Quanto al film, piace, non c'è che dire, non sarà perfetto ma prende e coinvolge, e non è poco ;)

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