15 febbraio 2019

Se la strada potesse parlare

Andiamo al Cinema

Lo si aspettava al varco Barry Jenkins.
Lui che, al suo secondo film, aveva saputo imporsi con Moonlight, famoso più per aver scippato l'Oscar a La La Land che per l'effettiva bellezza e importanza che aveva.
Ora, che da quell'adattamento di un testo teatrale sono passati - anni, Jenkins torna con l'adattamento di un romanzo, rendendolo più teatrale di quel Moonlight.
Tutto sembra ambientato nello stesso tempo, nello stesso luogo: in quella parte di Bronx negli anni '70 dove la pelle scura abbonda, le disuguaglianze e il razzismo pure. Nonostante i flashback, i ricordi che irrompono in scena, tutto si svolge nel periodo della gravidanza non prevista e non certo felice di Tish.



Perché lei, Tish, ha solo 19 anni.
Perché il padre, Fonny, di anni ne ha 22 ed è in carcere.
Perché la sua difesa, il suo processo, tardano ad arrivare e ne mettono ancora più in pericolo la libertà, la possibilità di vederlo nascere e crescere quel bambino.
Perché le famiglie dei due sono divise, comprensive per quanto riguarda Tish, con padri che si rimboccano le maniche e brindano rumorosamente, con madri e sorelle che si accusano a vicenda, non sopportandosi.
Lei, Tish, pensa ai giorni felice. Pensa a quando ha capito di essere innamorata dell'amico di sempre, con il quale è cresciuta. Pensa alla loro prima volta, ai primi appuntamenti, alla casa che avevano trovato, e al momento in cui tutto si è perso.
E ci si prova a cercare una speranza, una soluzione, ma in quell'angolo di mondo, in quella via del Bronx, la speranza non è di casa.


Fa ancora male, Jenkins, nel suo racconto fortemente politicizzato.
Fa ancora rivivere certe poesie, con una voce narrante che ci culla, con i colori sfumati di una favola senza lieto fine, con i raccordi temporali a portarci avanti e indietro, a cercare di capire, scoprire.
Paradossalmente, in questa storia sono le parole ad avere meno forza, sono dialoghi zuccherosi e innaturali a non saper colpire e affondare, anzi, a far quasi sbuffare.
Ed è una colonna sonora quasi invadente a togliere attenzione ai gesti, alle stesse parole.
Il risultato sa quasi di polpettone che rischia di rimanere indigesto, in cui si sprecano le guest star d'onore (Dave Franco, Diego Luna, Pedro Pascal).
Ma per fortuna, basta guardare gli occhi di Kiki Layne e dell'intenso Stephan James, basta sentire le urla soffocate di Regina King per sentire il peso del racconto, la forza che ha, rendendolo un racconto necessario. Disequilibrato, certo, ma capace di mordere nonostante il troppo miele.

Voto: ☕☕½/5


11 commenti:

  1. Anni ormai lontani. Bel film.
    sinforosa

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    1. Purtroppo non così tanto, il film sa mordere proprio perché poco sembra cambiato da quegli anni.

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  2. Manca ancora anche a me. Un po' zuccheroso lo era anche il romanzo, bellissimo, che raccontava il razzismo quasi con un filtro da fiaba: poca Indignazione, per una volta, e tanti sentimenti.
    Spero di recuperarlo presto, nella sera giusta. 😊

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    1. Ho avuto la sensazione che su carta funzionassero meglio lo sviluppo e l'impostazione che gli ha dato Jenkins. Non tutto lo zucchero vien per nuocere, per fortuna, e anche se non mi è sembrato troppo riuscito, ha il suo valore.

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  3. E se parlassero i muri, le automobili e i sassi? quante cose direbbero? :D
    A parte gli scherzi, questo è un film che certamente vedrò ;)

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    1. Ahah, il titolo fatico bene a capirlo, per quanto poetico, ma questo film parla un bel linguaggio e lancia un messaggio davvero importante.

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  4. Giudizio abbastanza positivo, voto meno.
    A me è piaciuto decisamente, pur con i suoi limiti. In effetti i dialoghi non sono eccezionali e la sceneggiatura sembra un po' carente. Non sorprende quindi che alle del tutto casuali nomination degli Oscar di quest'anno l'abbiano nominato proprio per la migliore sceneggiatura... e vabbé.
    A compensare ci pensano gli attori e il regista, che offrono prove molto sentite. E' un film pure troppo sentito, il suo pregio e il suo limite penso sia questo. :)

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    1. Visto che alla sceneggiatura è nominato perfino quel pasticcio di A star is born la cosa non sorprende. Meritano molto di più gli attori, capaci di rendere anche tutto il miele che dicono, convincente. Si poteva fare di più, ma male non è.

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  5. Mi sento, incredibilmente, di essere d'accordo con Cannibal: io l'ho trovato molto sentito, ed è stato decisamente interessante, per una volta, vedere la rabbia e l'indignazione raccontate quasi con dolcezza. Bravissimo Jenkins.

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    1. Forse troppa dolcezza per i miei gusti, si rischia spesso di cadere e scadere nel buonismo. Per fortuna Jenkins se la cava anche questa volta, con il film che cresce più dopo la visione che non durante.

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  6. Splendide la regia e la colonna sonora, un po' priva di mordente la sceneggiatura. Troppo zucchero annulla la critica sociale.

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