11 maggio 2020

Il Lunedì Leggo - Lincoln nel Bardo di George Saunders

Febbraio 1862, piena Guerra Civile americana.
Il sempre più discusso Presidente Lincoln non perde solo consenso, perde soprattutto l'amato figlio Willie, di undici anni.
È una sera di festa, forse di luna piena, forse senza luna.
E nella casa che ospita il Presidente tutto quel frastuono, quella musica, disturba la quieta del malato, febbricitante, provato, che non passerà la notte.
Sarà sepolto come ospite della tomba di un amico di famiglia, e lì troverà nuovi amici.
Malati, come lui, che dormono nelle loro casse da malati.
Che lì aspettano da anni amori e parenti, che non li vanno più a consolare.
Non lo sanno di essere morti.


Raccontano la loro storia, sempre la stessa, di come sono finiti malati, di come una trave ha spezzato il sogno di poter finalmente giacere con la giovane moglie, di come ci si stava per tagliare le vene per quell'amore impossibile verso lo stalliere, consumato nella rimessa delle carrozze. Ma l'aiuto, arriverà.
Certo, arriverà!
Perché dubitare!
Non credere, Willie, alle promesse di certe fate, di certi spiriti che assomigliano in tutto e per tutto agli amori passati. Qui si sta bene, qui si può continuare ad aspettare, a vivere!
E quell'aiuto arriverà davvero: sotto le forme di un padre alto e sgraziato, di un uomo brutto ma così buono, così pensoso e triste, che arriva di notte, fuori dagli orari di visita, per quel figlio che non è pronto a salutare.
La sua pietà, quel gesto così poco consono ma così umano, di abbracciare un corpo ormai vuoto, porterà trambusto in quel campo, tra gli spiriti che lo abitano che non hanno accettato di passare oltre, di far parte di quel "rumore di fiammata connesso al fenomeno della materialuceradiante".
Cambiando ogni cosa.
Anche per Lincoln stesso.


Lincoln nel Bardo di George Saunders ha conquistato tutti un paio di anni fa.
La sua moderna Antologia di Spoon River, in cui trovano posto preti e disgraziati, amanti e omosessuali, giovani libertine e schiave violentate in ogni modo, ha una forma così semplice, ma nasconde riflessioni e pensieri decisamente profondi.
In questa antologia infatti, prende posto la Storia e si cerca di spiegarla.
Lincoln, Presidente sbeffeggiato e che deve sopportare su di sé il sangue di centinaia di giovani soldati che il popolo non sembra più pronto a giustificare, sembra uscire più consapevole del suo ruolo dopo il lutto indicibile che lo colpisce, sembra essere più fermo e deciso sull'importanza di quella guerra, della libertà che deve portare.
Come se davvero, al suo interno, si fossero assiepate più anime, le anime di chi non c'è più, di chi in vita ha dovuto scontare la peggiore delle schiavitù.

Saunders gioca con questa Storia e con la sua storia, andando a scartabellare i giornali d'epoca, le tante biografie scritte, le corrispondenze private, le descrizioni di quel Presidente, della moglie, di quella festa tanto funesta, di Willie stesso.
E ricama poi la vita di chi in quel cimitero giace, di chi ci lavora, di chi dalla finestra osserva un povero, piccolo baio aspettare paziente il suo padrone.
In piccoli stralci, in affermazioni che si contraddicono per onore alla poesia o a quel punto di vista sempre soggettivo, ne esce un'antologia, sì, ma soprattutto un racconto dove mescolando generi e scritti, esce una voce che sa divertire pur in un campo di morte, che sa farsi politica pur fra i morti.

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