12 maggio 2023

Che Dio ci perdoni

Andiamo al Cinema su PrimeVideo

Madrid, un'estate caldissima.
E complicata.
Perché papa Ratzinger arriverà in visita, perché la città è sconvolta da un feroce assassino.
Vittime sono anziane signore, sole, stuprate e uccise.
Meglio tenere nascosta, per ora, una notizia simile.
Meglio lavorare in silenzio, favorendo però il coraggio di questo serial killer efferato che non lascia tracce e si crede invincibile.
Ad indagare, come sempre, due detective tormentati e diversi fra loro.
Da una parte Velarde, balbuziente e dai modi non convenzionali, per questo isolato dal resto della procura, dall'altra Alfaro, collerico e testa calda, già sospeso per rissa.
I due, che poco piacciono ai piani alti, sono quelli che hanno collegato le vittime e che ora devono riuscire a trovare l'assassino.
Cosa non facile se ci si mettono di mezzo problemi personali e una città affollata e nel caos.


Il film adulto di Sorogoyen, quello della consacrazione, è un poliziesco vecchia scuola.
Classico nel suo sviluppo fra false piste e appostamenti, si perde purtroppo proprio nelle indagini.
Che procedono per colpi di fortuna decisamente fortuiti, in una capitale così affollata.
Il colpo di scena c'è, e avviene quando quel mostro misterioso prende il sopravvento diventando protagonista, mostrandosi in azione, mostrando tutta la sua pragmatica follia.
Sorogoyen non ci risparmia nulla di quella violenza, tra corpi e sangue, appartamenti spogli e decadenti.
Con un budget decisamente alto e due attori perfetti come Antonio de la Torre e Roberto Álamo (premiato ai Goya), il risultato è un film solido che pecca anche nel mostrarci troppo del personale di questi detective imperfetti che finisce per allungare la storia.


Tra disorganizzazione urlata e pulizia estrema nel silenzio, chissà com'è che i due si intendono, si rispettano, imparano a volersi bene.
Come i true detective della TV, qui si prova, si accenna, senza però riuscire ad approfondire caratteri senza appesantire il minutaggio.
Quasi un peccato, a favore poi di vittime che si susseguono e rogne con i capi che mettono il metodo di lavoro in discussione.
Una serie, chissà, un giorno potrebbero pure trarla ma Sorogoyen che aveva inizialmente pensato il protagonista come un poliziotto dell'antisommossa, la sua serie l'ha già creata, cambiando il caso, rimanendo in indagine.


Solido e maschio, gelido pur nell'afa spagnola, Che Dio ci perdoni fa parte di quel genere che ormai non si vede più nei cinema, solo sul piccolo schermo.
Il finale, poi, mi ha ricordato quel colpo al cuore che è stato Il segreto dei suoi occhi.
I latini, se si pensa anche a La Isla Minima, credono ancora nei polizieschi.

Voto: ☕☕/5

3 commenti:

  1. tempo ben speso, con i film di Rodrigo Sorogoyen :)

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    1. Sì, anche se con Il Regno ho faticato più del previsto. Lo aspetto per un nuovo lavoro, so che non mi deluderà.

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  2. Ne ho visti alcuni di Sorogoyen, indubbiamente ci sa fare, questo uno degli esempi ;)

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