5 maggio 2023

Il Sol dell'Avvenire

Andiamo al Cinema

Nanni Moretti è tornato e fa quello che da Nanni Moretti ci si aspetta.
E nonostante tutto, divide.
Nel positivo  per fortuna.
Perché divide gli affezionati, il suo pubblico storico, quello che si ritrova fra le mani un film-di-Nanni-Moretti al 100%, e forse per questo resta un filo deluso tra autocompiacimento e autocitazioni. Quel pubblico abituato ai discorsi sulle scarpe, alle canzoni che partono improvvise e riempiono, ai giri per Roma, ai balli di gruppo, ai dolci da divorare, alle nuotate in piscina che forse diventano pure un film, alle canzoni da cantare in auto, a Franco Battiato.
E poi ci sono io. 


Io che a Nanni Moretti voglio bene pur apprezzandolo a piccole dosi.
Io che mi sono avventurata nei suoi film storici per poche volte, sempre con soddisfazione, ma forse troppo tardi per rendermeli indimenticabili e quindi incapace di cogliere ogni riferimento, ogni nannimorettianità all'interno de Il sol dell'avvenire.
Tra coperte che sono sempre le stesse, attori che ritornano in sfilata, film citati, commentati, elogiati.
Ci sono io, però,  che rido, mi commuovo, scuoto la testa e sorrido, di fronte a un film che è fatto di più film, un film sui film e sull'industria del cinema, tema caro come non mai a quegli autori che si sono guardati dentro e intorno in questi anni di pandemia, uscendo uno dopo l'altro (Sorrentino, Paul Thomas AndersonLinklater, Branagh, Iñárritu, Spielberg, mettiamoci pure Chazelle e infine Salvatores) con pellicole che parlano di sé e dell'amore, dell'ossessione, della crisi con il cinema.


E quindi abbiamo un regista, va da sé in crisi, che il suo film non lo sa come mandare avanti, alle prese con attrici ingombranti e una moglie produttrice che oltre a lasciarlo, finisce per produrre un film in cui la violenza è spettacolarizzata. Abbiamo quindi le invettive contro Netflix puro momento WTF, e abbiamo le riflessioni ontologiche sulla violenza ad opera di Corrado Augias, Renzo Piano, Chiara Valerio e per un pelo potevamo avere Martin Scorsese.
Abbiamo un regista che ripercorre la sua fede politica e la fede politica del partito comunista, attraverso un film che è però già stanco di girare, pensa al prossimo, pensa al mai realizzato, pensa a una storia d'amore lunga una vita ricca di canzoni. Che esplodono, che riempiono, in un film nel film nel film che alla fine si realizza.


Ci sarebbe da analizzarla davvero la parte politica, con il partito comunista qui chiamato a prendere posizione con quanto stava avvenendo in Ungheria nel 1956, con la scelta finale di un giornalista de l'Unità che diventa il sogno realizzato dell'attore Silvio Orlando, ci sarebbe da parlare di Mathieu Amalric personaggio sopra le righe e produttore che mette tutto a rischio, per non parlare di una figlia e delle sue scelte sentimentali o di una Margherita Buy nevrotica con giudizio, questa volta, e del suo psicologo poco attento.
Perché c'è tanto, dentro questo film che contiene altri film, e forse dipende proprio dal tipo di pubblico che si è, su cosa focalizzarsi.
Ci sono finestre, mondi, dentro cui Nanni Moretti si infila, sommando tutti questi personaggi per realizzare un affresco fresco, appunto, e pieno di vita vera per quanto filtrata da Nanni Moretti.
Inutile nascondersi dietro trattati sul cinema o sulle questioni geopolitiche, l'amore che nasce e che muore, che si perde e che va capito, smuove più del resto, più di generazioni che si scontrano, di scelte di campo.


Piacerà a Cannes, non c'è ombra di dubbio, questo Nanni Moretti che fa Nanni Moretti e che diverte, che si prende gioco di sé e della sua industria, degli attori e dei produttori.
Un Nanni Moretti leggero a modo suo e personale. Capace di essere citazionista, autocitazionista e felliniano nel modo migliore possibile, in un finale romano che un sorriso lo stampa per bene sul volto e fa uscire di sala soddisfatti e con la voglia di riscoprirlo ancora, questo Nanni Moretti che troppo spesso metto in un angolo.

Voto: ☕☕☕☕/5

8 commenti:

  1. Moretti appartiene a un'Italia dove esisteva la sinistra. Ora, difficilmente potrà dire a qualcuno:" Per favore cerca di dire qualcosa di sinistra", perché la sinistra dei lavoratori è ormai sbiadita e quella dei diritti civili arriva fino agli uteri in affitto. È sicuramente un film d'addio.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un film summa, direi. Nostalgico e allo stesso tempo pieno di speranza, nonostante tutto.

      Elimina
  2. Importante che abbia mollato - speriamo per sempre - gli esperimenti tipo Tre piani, ma pure Mia madre.. viva Palombella rossa sempre.. ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Prima o poi arrivo ad approfondire il Moretti classico, le prime incursioni erano andate molto bene.

      Elimina
  3. Moretti, ahimé, non mi piace. Spero che cambierò idea con questo, anche se mi mancano i primissimi film.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questo potrebbe essere quello giusto con cui fare pace, molto personale, molto strano e dentro il cinema e l'amore per la cinema, oltre la politica.
      L'umorismo strano ha conquistato pure il giovine al suo primo Nanni Moretti :)

      Elimina
  4. Sono fiducioso!
    Tutti i suoi film che ho visto mi sono piaciuti decisamente, tranne l'ultimo 3mendo 3 piani, e quindi... sono abbastanza fiducioso!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quanto sono felice di non essermi rovinata il romanzo e aver evitato il film!
      Qui Nanni torna a fare Nanni, e visto quanto amore dedica al cinema, sono sicura che ti riconquisterà.

      Elimina