Estate, 1986.
Nelle campagne tedesche due uomini partono in auto, seguono una ragazzina in bici, la fermano, cercano di stuprarla e la uccidono.
Passano 23 anni e quell'omicidio è rimasto insoluto, lasciandosi dietro un detective ora in pensione ancora pieno di rabbia, una madre sola ancora piena di dolore, e un colpevole che ha cercato di andare avanti.
Tutto cambia quando un'altra ragazzina, anche lei sola, scompare. Scompare e la sua bicicletta, il suo sangue, vengono trovati nello stesso punto dell'omicidio irrisolto.
Causando nuova rabbia, nuovo dolore, e una paura difficile da contenere.
Partono le indagini, affidate a chi fresco vedovo non riesce a gestirle, partono le ricerche per un corpo che ancora non c'è e con dei genitori che hanno speranze che TV e detective in pensione azzerano, e ritorna a casa quel colpevole, per capire cosa succede, se confessare, costituirsi, per rivedere quell'amico con cui aveva potuto essere se stesso.
Siamo dalle parte di Memorie di un assassino, con indagini non certo professionali e con molta emotività in gioco.
Ma questa volta, il colpevole già si conosce, sono le reazioni a un omicidio, a una ferita ancora aperta, che contano.
E Baran bo Odar ce lo mostra bene, in un montaggio musicale che come una sigla dà inizio al film dopo un lungo prologo.
Lui, sì, il creatore di Dark e 1899, che prima di darsi alla fantascienza dei viaggi nel tempo e ai criminali informatici molto pop, aveva iniziato la carriera con un poliziesco impuro, a tratti coeniano, ispirandosi a western oltre che dichiaratamente a Bong Joon-ho.
Il risultato è purtroppo meno equilibrato del previsto, con i toni che si spostano dal drammatico all'involontariamente comico soprattutto a causa delle espressioni di Sebastian Blomberg, non proprio a suo agio come detective tormentato.
Funziona meglio il resto del cast, dove si contano molti visi tedeschi noti grazie alle serie Netflix, e la regia con la mano sicura, le inquadrature giuste, quelle più emozionanti.
Di certo, Il Silenzio è un film insolito, che mostra subito i suoi assassini, dichiara in fretta i loro moventi, ma non mantiene una sceneggiatura solida, fra spiegoni impossibili sulla base di pochi indizi, e quei 23 anni che non si spiegano comunque.
Un peccato, ma i thriller cupi sono sempre i più facili da sbagliare.
Voto: ☕☕½/5
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