Andiamo al Cinema
Un esordio in linea con la sua età, nel raccontare di adolescenti allo sbando fra le periferie della California.
La seconda prova superata a pieni voti con le maschere del successo portate avanti in anni che ancora mitizzavano i social.
E ora, per Gia Coppola, un terzo lavoro, quello della maturità.
Quello che a ben guardare è un racconto tanto caro al cinema indie.
Il successo che svanisce, la fama che si allontana, gli ultimi scampoli prima del dimenticatoio con tutta la malinconia, le domande, la tristezza e lo sguardo invidioso e fiero verso una nuova generazione che passa avanti.
Viene da pensare a The Wrestler, a anche se siamo in due mondi apparentemente opposti ma uniti proprio dall'apparenza: una showgirl di Las Vegas e un wrestler entrambi sul viale del tramonto, e a unire queste storie c'è anche la presenza di una stella che negli anni della fama è rimasta scottata e che trova qui il ruolo forse della vita, sicuramente quello che più le somiglia e le è caro.
Shelly è una donna che ha vissuto gli anni d'oro di Las Vegas, il lusso, il successo, le paillettes per cui rinunciare a tutto, anche a una figlia.
E ora quel successo è sfiorito, le rughe fanno capolino, ma soprattutto la classe di certi spettacoli non è più apprezzata. Si cercano divertimenti, facilità, acrobazie per intrattenere a dovere spettatori che si annoiano facilmente.
Chiude, quindi, Ruzzle Duzzle.
Lasciando ballerine in balia di audizioni mortificanti, tra chi crede troppo nelle sue potenzialità, chi divertito può anche svendersi.
Shelly no.
Aggrappata con le unghie all'illusione di un lavoro nobilitante e di classe, al ricordo di una Las Vegas che non fagocitava né i suoi turisti né le sue stelle, non è disposta a vedere la realtà delle cose.
Accetta la sua vita, le sue scelte, i suoi errori, per quello che sono, con le paillettes ad abbagliare e camuffare quelle scelte e quegli errori quel po' a renderle sopportabili.
Fare i conti non è mai facile, tirare le somme fa paura.
La piccola di casa Coppola continua a rimanere dentro il cinema più indie.
Più di Sofia, meglio di Francis Ford.
Resta fedele a un racconto intimo e personale, motivo per cui il cast è ridotto, Las Vegas è fatta di piccoli luoghi che si ripetono.
Sono le persone a emergere, le personalità, raccontate stando addosso a volti segnati e trucchi esagerati, dimenticando le luci della ribalta e i luoghi più da cartolina.
Così emerge appieno Pamela Anderson, che capisce che questa è la sua grande occasione e non delude, senza trucco e bellissima a modo suo, usa quella sua voce infantile per ammaliare e farsi perdonare, stralunata e immersa in un suo mondo, dove viene protetta e accudita, accudisce e viene venerata.
Dall'amica, Jamie Lee Curtis, che sembra ripetersi nello stesso personaggio alcolizzato e arrabbiato, e dalle nuove leve, Kiernan Shipka e Brenda Song che fanno da figlie e da auditorio e infine da un amore sempre imperfetto, mai giusto che ha i panni muscolosi e timidi di Dave Baustista, altra rivelazione drammatica di un film che punta su interpretazioni sentite ma vere.
Unico cast sbagliato è Billie Lourd, più matura dei vent'anni dichiarati, figlia cresciuta da altri che torna e cerca di capire, accusando e perdonando.
C'era molto da raccontare in questa piccola storia che brucia in fretta.
E viene da chiedersi com'è che certe soluzioni arrivino passando per una segreteria telefonica, che il finale dolceamaro arrivi sembri un filo frettoloso, per quanto giusto.
Come se mancasse un terzo atto più denso, a soddisfare appieno.
Le carte Gia Coppola le aveva e le ha confermate.
Tiene a bada un cast di grandi nomi, una grande storia, li fa brillare e li rende veri con un fotografia dalla grana grossa e nostalgica, con canzoni -chiaramente indie- di contrappunto.
Manca forse la zampata, o forse ci siamo abituati ai grandi film, alle grandi durate, che quando un piccolo film nel suo piccolo riesce a stupire e commuovere, ci sembra troppo poco.
Voto: ☕☕☕/5
Dovevo arrivare a 44 anni per apprezzare la Anderson. Magnifica, in un film piccolo ma prezioso.
RispondiEliminaTanto indie per i miei gusti, ma questo non mi ha impedito di apprezzarlo, Sua Maestà Jamie Lee dove la metti esagera (in senso positivo) e Anderson con il suo vissuto, aggiunge molto al personaggio. Cheers
RispondiEliminaOggi sincronizzati!
RispondiEliminaConcordo su tutto. Terribile la Lourde, che sembrava quasi coetanea di Pam. 😅
Il The Wrestler di Pamela Anderson. Spero solo che lei non faccia la fine di Mickey Rourke, negli scorsi giorni espulso dalla casa del Grande Fratello UK :D
RispondiEliminaAnche per me manca la zampata vincente in grado di trasformarlo in un cult assoluto, e pure io sono rimasto alquanto perplesso nel vedere la 32enne Billie Lourd nei panni della figlia più o meno teenager :)