19 aprile 2025

Joy

Andiamo al Cinema su Netflix

Certi film potevano essere delle miniserie.
E funzionare meglio.
La divisione in episodi sembra lì, bella evidente in capitoli e sviluppi della trama.
La possibilità poi di approfondire meglio certe scelte, certe situazioni, certi ruoli, evitando così una certa didascalia e fretta che non permette di affezionarsi del tutto a un progetto che corre in fretta.
Joy poteva essere una miniserie.
Una di quelle storiche che magari su Netflix non vanno per la maggiore, ma che con il giusto cast (approvati Bill Nighy, James Norton e Thomasin McKenzie) e il giusto piglio (quello inglese), potevano fare breccia fra il pubblico.
Ci si deve invece accontentare di un film che deve dire molto e lo fa non sempre al suo meglio.


La storia di Jean Purdy è comunque di quelle che andavano raccontate.
Ancora più di questi tempi così attenti alla rappresentazione.
Perché è stata fondamentale nelle ricerche per arrivare alla fecondazione in vitro.
Assieme alo scienziato Robert Geoffrey Edwards e al chirurgo Patrick Steptoe, tra prove ed errori, speranze vane e infrante, ha lavorato per dieci anni con donne altrettanto speranzose prima di arrivare a una prima gravidanza portata al termine con successo.
Anni difficili e complicati per una come Jean che aveva in prima persona delle difficoltà a portare avanti una gravidanza a causa dell'endometriosi, ma soprattutto anni complicati per le reazioni dell'opinione pubblica, della comunità scientifica e politica e religiosa, per esperimenti che sembravano sfidare Dio nel creare una vita in modo diverso e non naturale.
Con i fondi da elemosinare, le proteste da tenere in conto e Jean, cattolica praticante, a subire l'ulteriore smacco di dover far fronte alla sua fede e al suo credo scientifico, a una famiglia che le volta le spalle.
Insomma, di materiale per un film ce n'è anche troppo, per una miniserie, ce n'era abbastanza per approfondire meglio il tutto.


Il film di Ben Taylor cerca di mantenere l'equilibrio tra raccontare pubblico e privato, progressi nella ricerca e inciampi etici, con il gruppo di donne che si sottopone alle cure a diventare protagonista a sua volta, facendo emergere il lato meno freddo di medici e infermiere che sanno alzare gli occhi dal microscopio.
Non manca lo humor, tipicamente inglese, né la classe nel riportare negli anni '70, altro tratto tipicamente inglese, con un cast che funziona e da cui qualche guizzo in più me lo aspettavo.
Nonostante le inevitabili lacrime finali da un finale che quelle lacrime vuole proprio tirartele fuori, niente mi toglie dalla testa che approfondendo vuoi Robert Geoffrey Edwards, vuoi Patrick Steptoe o anche solo il gruppo di donne piene di speranza, per concentrarsi su Jean e sulla sua vita qua e là, ne sarebbe uscita una miniserie migliore del film.

Voto: ☕☕½/5

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