30 aprile 2020

Vivarium

È già Ieri -2019-

- Cosa c'è di peggio di restare chiusi in casa e non riuscire più ad uscirne?


Ok, domanda sbagliata visto il momento.


- Cosa c'è di peggio di non avere altra interazione per giorni, mesi, se non con il/la proprio/a compagno/a? Che per quanto il rapporto sia stabile, felice e dal futuro roseo, il rischio è che si deteriori?


Ho sbagliato ancora, maledetti giorni nostri...

- Allora proviamo con questa domanda: cosa c'è di peggio di non poter uscire dal proprio quartiere, solo per pochi passi, che finiscono per ripetersi all'infinito, che non permettono ad altri di entrare, a noi di uscire?
La spesa, beh, quella ci viene consegnata direttamente a casa.
Ma nessun contatto con il fattorino, sia mai!


Ok, va bene, ho capito: Vivarium non è il film adatto alla quarantena che stiamo vivendo.
O forse sì.


Forse il suo senso di oppressione, il suo essere un incubo dai colori pastello, dalle case perfettamente arredate, diventa un horror claustrofobico a tutti gli effetti ora, oggi, che la fase 2 sembra ancora lontana.
Si parte da fuori, però, si parte da quella scuola materna in cui Gemma insegna, in cui Tom sistema piante e giardino.
Sono alla ricerca della loro casa, di un nido da costruire.
E finiscono nelle mani di un agente immobiliare alquanto inquietante.
Non lo dico perché un po' tutti gli agenti immobiliari hanno quel che di inquietante/ti venderei anche mia madre, ma qui basta uno sguardo, basta vederlo muoversi Martin, copiare gesti e pure voci per rabbrividire e urlare: fermi, non seguitelo!


Ma non si va con la stessa auto, che vuoi che sia.
Si memorizza la strada del ritorno, si canta tranquillamente, sarà giusto un'occhiata.
E invece, dal quel quartiere che sembra un labirinto, da quella casa uguale alle altre, Gemma e Tom non usciranno più.
Lì si troveranno imprigionati, costretti a crescere un bambino non loro, arrivato in una scatola, che cresce a vista d'occhio, che li spia, li tiene sotto controllo, li imita nei gesti, nelle voci, urlando e pretendendo attenzioni
Ogni giorno diventa uguale all'altro, non ci sono distrazioni, non c'è niente da fare.
E allora Tom si mette a scavare una buca in giardino, un'ossessione come un'altra.
Gemma cerca invece di capire i segreti di quel bambino, di capire chi manda la spesa, con chi comunica, cosa gli è successo.
In una spirale sempre più angosciante di fatica, dolore e inquietudine.


Dite che, se non si può più uscire di casa, perché vedere un film su due che non possono più uscire di casa?
Domanda lecita.
Risposte:
Perché si giocano bene le carte psicologiche e paranormali, bastano pochi tocchi, pochi rumori, per far rabbrividire. Intavolando innumerevoli conversazioni sulle metafore in atto, tra la genitorialità e la natura stessa, con quell'inizio che tutto già spiega.
Perché ci sono due attori come Imogen Poots e Jesse Eisenberg, che sono sempre una garanzia quando si tratta di prodotti piccoli e indipendenti.
Il colore e l'amore, quelli si riescono ancora a sentire, basta solo un po' di musica, in fondo.
Il finale, tutt'altro che lieto, è così uno smacco non indifferente.
E allora, chiusi in casa a vedere chi di casa non riesce più ad uscire ci si inquieta, sì, ma si pensa anche: poteva andarci peggio.

Voto: ☕☕/5


8 commenti:

  1. Che ansia e che stile. La Potts bravissima. Mi è piaciuto molto più del previsto, sì!

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    1. Mi ha inquietato più del previsto, convinta di ritrovarmi quel bimbo a fissarmi in camera da letto. Adatto o non adatto a questo periodo, si farà ricordare.

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  2. Effettivamente a vedere sti due con quel bambino tremendissimo viene proprio da pensare che poteva andarci peggio (almeno chi è senza figli...).

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    1. Stesso commento che ho/abbiamo fatto: se poi il bimbo in questione esce così inquietante, la quarantena poteva essere un incubo in tutti i sensi.

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  3. Film clamorosamente attuale e inquietante quasi più della realtà. Forse. :)

    Il finale mi ha lasciato un po' così, spero che a noi vada meglio...

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    1. Finale da brividi e più tetro di quel che mi aspettassi. Noi almeno una passeggiata fuori dal quartiere la possiamo già fare, dai.

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  4. Inquietante, ma perfetto per la quarantena. Per la serie: c'è sempre qualcuno che sta peggio di noi!

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    1. Esatto, si tira un sospiro di sollievo, anche se quel bambino torna negli incubi.

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