Mondo Serial
Una storia vera, una storia fantastica, una storia divertente.
Le molte anime delle serie crime e dei detective chiamati a indagare, in tre titoli che convincono in modo diverso:
Under the Bridge
Il Caso: 1997, Canada. Reena Virk, ragazza di origini indiane, sparisce nel nulla. Una fuga? Una lite con i genitori? L'ultima volta è stata vista trascinata da quelli che dovrebbero essere i suoi amici sotto un ponte, per punirla e schernirla. Quando il corpo viene trovato in mezzo al fiume, si inizia ad indagare su quegli amici per omicidio.
I Detective: da una parte la polizia vera e propria, che ha il volto impacciato di Lily Gladstone, adottata e quindi baluardo di una comunità che punta sull'integrazione. Dall'altra le indagini di una scrittrice tormentata interpretata da Riley Keough, con un senso di colpa mai guarito per la morte del fratello, che cerca di essere amica degli accusati e di ricostruire la verità. Di suo, Rebecca Godfrey ha anche il tornaconto di avere un libro da pubblicare, cercando materiale e spingendosi sempre più in là per avere la fiducia di questi giovani.
Le Indagini: puntano tutto su quei ragazzi, sul trio formato dalle CMC, allo sbando, senza una famiglia, che cercano di impressionarsi a vicenda creando gang e riti di iniziazione. Puntano sul razzismo, che la famiglia di Reena ha sempre subito, su una comunità meno aperta e meno stabile di quanto si racconta. In un castello di omertà e maschere che deve crollare.
Funziona? Sì, nonostante il senso di già visto e i pochi colpi di scena, la storia -vera- ha facile presa. Non solo per l'ambientazione anni '90 ormai di moda, ma anche per come si cerca di raccontare a tutto tondo i protagonisti di questa storia, vittima e colpevoli, gli strascichi giudiziari in cui di nuovo l'equità non sembra esistere.
Funzionano le protagoniste, tormentate e affascinanti, con i loro mostri da tenere a bada, e nonostante la quantità di temi e personaggi, tutto è in equilibrio, e non si sa chi odiare di più fra scelte assurde e comportamenti riprovevoli.
Tornerà? Pensata come una miniserie, ha una sua conclusione.
Quella che la vera Rebecca Godfrey non è riuscita a vedere stroncata dalla malattia.
La ritroverò, spero presto, su carta con i pochi romanzi che ci ha lasciato.
Dead Boy Detectives
Il Caso: meglio dire, i casi. Ad ogni episodio, c'è una persona morta con dei conti in sospeso da aiutare per andare oltre, che sia una misteriosa donna che invita al suicidio, una casa infestata e bloccata in un loop. Ma ci sono anche i casi ricorrenti, quelli che portano alla formazione di un'agenzia molto particolare, ovvero una sensitiva, posseduta da un demone, una ragazza in fuga abitata da piccoli esseri e i due detective del titolo, che sfuggono da sempre a Morte, e al loro destino segnato verso l'Inferno.
I Detective: sono, appunto, Edwin e Charles. Due giovani che si sono trovati fantasmi nella soffitta di un college e hanno stretto amicizia e alleanza. Chi ha letto Sandman li ricorda come una delle bellissime parentesi che Neil Gaiman ci regalava, e che sia su fumetto che in serie TV hanno avuto il loro spin-off. A loro, più maturi, più scafati e anche con una certa attrazione non facile da decifrare si uniscono la sensitiva tormentata Crystal Palace che non ricorda il suo passato, e l'esuberante Niko Sasaki, che abitano sopra una macelleria gestita dal broncio interessante di Jenny Green.
Le Indagini: li portano ad avere a che fare con il paranormale, ovviamente, a confrontarsi con Morte, con omicidi facili da giustificare altri difficili da risolvere, con il Re dei gatti che li costringe a rimanere in Canada rispetto alla natia Londra e una strega che miete vendetta ora che il suo regno fatto di vittime sacrificabile in nome dell'eterna giovinezza è in pericolo.
Insomma, tra soluzioni fortuite, muscoli, attrazioni e arguzia, c'è di che sbizzarrirsi.
Funziona? Eccome! La paura che fosse uno spin-off adolescenziale e legato all'algoritmo tra amori e nazionalità rispetto alla serietà di Sandman -la serie- c'era, ma il ritmo frenetico, la bellezza di personaggi che trovano spazio per essere approfonditi e amati e le indagini via via diverse con uno sviluppo orizzontale che tiene ben desti, beh, funziona.
Tornerà? Sì, la seconda stagione è già stata confermata da Netflix, e per fortuna visto il finale triste e ma aperto che ci è stato regalato.
Con il ritorno a Londra prevedo altre guest star d'eccezione e casi ancora più interessanti.
Deadloch
Il Caso: uno dopo l'altro, nella piccola isola di Deadloch, Tasmania, iniziano ad emergere i corpi di uomini nudi, senza lingua, conosciuti per non essere propriamente simpatici. Alla vigilia della festa più importante per la comunità dell'isola a prevalenza LGBTQ+, la pressione per tenere distante la stampa e la parola serial killer è altissima, ma come arginare e proteggere gli uomini dell'isola?
I Detective: da una parte c'è Dulcie Collins, detective locale trasferitasi nella comunità perché il lavoro a Sydney aveva rischiato di rovinare il suo matrimonio, ligia e precisa si scontra con Eddie Redcliffe, inviata dai piani alti, che si muove senza rispettare i protocolli e senza alcuna remore nel puntare il dito e ubriacarsi ogni sera. Come riusciranno ad andare d'accordo e risolvere il caso?
Li aiutano una giovane poliziotta meno stralunata di quel che sembra, fidanzata con un medico legale vanesio, mentre mogli, sindaci e sospettati si fanno invadenti.
Le Indagini: come ogni serie crime che si rispetti, ad ogni episodio si sospetta di un omicida diverso, donna o uomo che sia, alla ricerca di vendetta o di semplice sete di morte. Non è facile indagare perché i morti hanno più di un nemico, le prove sono poche e la pressione sempre più alta.
Ma ci si diverte, questo è sicuro.
Funziona? Sì, ed è una sorpresa.
Non tanto per il genere la struttura della trama, ma per il tono che questa strana serie australiana ha. Si passa dal macabro al comico, in un'ironia continua che fa sbottare dalle risate quando meno te lo aspetti e alla fine più che trovare il colpevole, si è interessati alle dinamiche fra le detective, ai loro scambi di opinione e di vedute, al più che mettono i molti comprimari, esagerati ed eccessivi nei modi e per questo ancora più divertenti.
Quasi una parodia delle serie crime e pensata come una Broadchurch comica, si prende anche sul serio, ma in modo particolare difficile da definire e per questo unico.
Tornerà? PrimeVideo non ha ancora annunciato la seconda stagione, ma nemmeno la sua cancellazione.
Nel mentre non mi resta che ringraziare mia mamma che chissà come ci è arrivata a vederla e me l'ha consigliata.
Voto: ☕☕☕/5
Under the Bridge splendida, il mio colpo di fulmine (come va di moda dire tra i critici LOL) televisivo degli ultimi mesi
RispondiEliminaDead Boy Detectives non mi ispira molto, Neil Gaiman non lo reggo, invece Deadloch se è una Broadchurch comica mi sa che vado a cercarla...
I detective morti potrebbero però sorprendenti per come sposano bene le esigenze da algortimo adolescenziale Netflix. Molto più veloce, più divertente e leggero rispetto a Sandman.
EliminaDeadloch consigliatissima, un umorismo così assurdo non lo trovavo da un po' :)
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