5 luglio 2024

Fremont

Andiamo al Cinema

Donya vive a Fremont in un piccolo appartamento con un letto singolo.
Lavora a Los Angeles in una fabbrica di biscotti della fortuna cinesi.
È nata a Kabul, e da lì è partita con l'esercito americano dopo esserne stata traduttrice.
Donya non dorme.
Vorrebbe solo delle pillole per riuscirci, ma lo psicologo a cui non avrebbe ancora diritto ma che la ascolta lo stesso, cerca di farla parlare, di farla aprire, facendole capire che forse soffre di disturbo post traumatico, che il fatto di aver lasciato la famiglia in un Afghanistan in mano ai Talebani, di aver rischiato la vita per fuggire e di sentirsi poco accettata dai connazionali come dagli americani, beh, forse è quello a non farla dormire.
Ma Donya è una ragazza pratica.
Silenziosa e solitaria, ma pratica.
Decide di risolvere la solitudine con un biscotto della fortuna. 
Quelli che ora deve scrivere, e in cui decide di mettere il suo numero di telefono.
Sarà abbastanza fortunata?
No.
Ma in realtà anche sì.


Fremont è un piccolo, piccolissimo film che ha tutte le caratteristiche dei film indipendenti.
In bianco e nero, con poche location che si ripetono, la macchina fissa, una durata minima ma quanto basta per renderci la protagonista amica e i comprimari del caso sapientemente caratterizzati.
Uno psicologo con la fissa di Zanna Bianca che vorrebbe vivere una vita più avventurosa.
Un ristoratore con la fissa delle soap opera.
Una collega con la fissa per gli appuntamenti al buio.
Un vicino amico e un altro che per il suo collaborazionismo la evita.
E poi c'è l'incontro finale.
Quello fortuito, quello che un biscotto della fortuna non aveva previsto ma che mette un raggio di luce al film e alla vita di Donya.


Un incontro che non è poi una sorpresa visto come si sia puntato forte sul nome di Jeremy White Allen, attore quanto mai sulla cresta dell'onda in attesa che la terza stagione di The Bear arrivi anche in Italia (dal 14 agosto su Disney+)
E motivo, non lo nascondo, per cui a questo piccolo film ho dato una chance.
Trovarci poi alla sceneggiatura assieme al regista Babak Jalali l'italiana Carolina Cavalli che aveva esordito con l'ottimo Amanda, fa capire com'è che un certo linguaggio indie/americano è presente nella storia di una donna afgana che fatica a sentirsi in America circondata com'è da connazionali in fuga come lei e colleghi cinesi.


Nel suo bianco e nero, nei suoi spazi ridotti, nel suo fare dei biscotti della fortuna un'arte e nella fortuna di per sé un gioco sempre aperto, Fremont non è quel film indimenticabile che sgomita per trovare il suo posto.
Entra in punta di piedi, proprio come l'attrice Anaita Wali Zada, quasi ti osserva, ti parla con poche parole, ma quelle giuste.
Quelle che lo rendono il piccolo film a cui ti ritroverai a pensare di tanto in tanto.

Voto: ☕☕/5

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