3 settembre 2024

Venezia 81 - Families Like Ours

La Danimarca non esiste più.
Non è ancora affondata sotto il livello del mare, ma il governo ha deciso di chiuderla. Perché aspettare, se i Paesi Bassi poco più in là sono già crollati economicamente? Meglio essere previdenti, rigorosi, fornire un piano ai propri cittadini e ricollocarli in base al reddito, in base al lavoro, in base a parametri via via più complicati negli altri Paesi europei in un sistema di quote che non sempre guarda in faccia affetti e desideri.
Sembra un piano folle, utopistico ed è invece quello che nella serie TV firmata da Thomas Vinterberg succede. 


C'è chi è stato lungimirante e ha venduto i suoi terreni e le sue proprietà per tempo, c'è chi è stato fregato e chi si sente tradito. Come scegliere, poi, tra un padre che va in Francia e un madre psicologicamente debole mandata a Bucarest? E il primo amore, che va in Finlandia, come ritrovarlo? Laura combattuta fino all'ultimo secondo è l'anello debole di una famiglia allargata che con una decisione avventata farà crollare tutto il sistema di valori e le speranze di chi le sta attorno. Mostrandoci anche come i danesi rifugiati siano viziati e poco propensi ai sacrifici. Le metafore sono evidenti, tra viaggi illegali e situazioni precarie, violenza che incombe e nazionalismi pericolosi, il riferimento ad altri viaggi della speranza meno organizzati e meno accoglienti è chiaro, anche se gli stessi protagonisti non sembrano mai averli conosciuti per come si comportano con trafficanti e gendarmi. Così come è chiaro il messaggio ecologista di una serie che fa bene i suoi conti. Il problema, allora, è che da un regista come Vinterberg mi aspettavo affondi più sinceri, meno sentimentalismi, perché questi protagonisti -Laura in particolare- non sembrano essere puniti o messi di fronte alla follia delle loro decisioni e le loro pretese, con un finale lieto nonostante tutto che fatico a digerire.
Nel mezzo, almeno, le cose funzionano, con una situazione tesa e il racconto corale che mostra le varie facce di una stessa medaglia, fra chi è ricco e si arricchisce facendola sempre franca, e chi per fortuna riesce a rialzarsi.

L'umanità è ancora di casa se si è europei e bianchi, e anche la parte paranormale che non ti aspetti da un regista così, ha un suo senso. Sette episodi che filano lisci anche riuniti in due parti su grande schermo, più nella prima che nella coda finale, ma è la cinica che è in me che non è riuscita a trovare la giusta affinità con una protagonista degna di un romanzo ottocentesco più che una ragazza di un futuro prossimo che sbaglia ogni sua scelta.

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