Tra Gran Bretagna e Svezia, tre miniserie non sempre convincenti su casi le cui indagini non sono sempre accattivanti:
Missing You
Il Caso: da una parte un uomo che scompare nel nulla, seguito da una madre che scompare nel nulla. Dall'altra l'omicidio di un poliziotto che continua a tormentare una figlia che non crede colpevole il sicario qualunque di un boss mafioso, ora morente, che l'omicidio l'ha confessato.
Infine, l'ex di questa figlia, ora poliziotta incaricata guarda caso dei casi di scomparse, che l'ha abbondonata senza dire una parola e che sembra tornare nella sua vita tramite app di incontri.
In qualche modo, questi quattro casi si collegano fra loro.
I Detective: dovrebbe essere l'affidabile Kat Donovan, figlia tormentata, ex inconsolabile, detective ovviamente non ligia alle regole che si prende molte libertà nei casi da risolvere e in quello del padre, che vorrebbe riaperto, che vorrebbe indagato davvero.
Ma è affidabile una detective a cui tutti, ma proprio tutti, hanno mentito per anni, senza alzare il minimo sospetto?
La aiuta il solito giovane hacker, la ostacola il solito capo molto più ligio alle regole.
Le Indagini: sono piuttosto confuse, passano per l'aiuto di una detective privata, l'uso di telecamere a circuito chiuso, profili hackerati di app di incontri, confessioni estorte con droghe e verità rivelate per colpi di scena.
Facendo dei rapimenti da cui tutto parte, il lato B delle indagini che mal si collegano alla risoluzione di un passato tormentato.
Funziona? Onestamente? No.
Leggendo online ho capito che il signor Harlan Coben, autore inglese di bestseller crime, è il perfetto compagno di Capodanno per smaltire ubriachezze e feste moleste. Solo così si riesce a reggere i toni esagerati di questa miniserie, le assurdità per tenere in piedi le indagini e un'estesa patinatura della regia a farne un thrillerino che nemmeno Rai2 metterebbe in onda.
Soprattutto con quel finale forzatamente romantico che non si spiega.
Lodi solo a Rosalind Eleazar, che in tutto questo circo riesce a rimanere l'ottima attrice che già in Slow Horses ha dimostrato di essere.
Si vede che Apple non paga abbastanza.
La Prova
Il Caso: un doppio omicidio, inspiegabile.
Una mattina presto di una giornata qualunque di una tranquilla cittadina svedese, un bambino di 8 anni e una donna che passava per lo stesso parco vengono uccisi a coltellate.
C'è il DNA, c'è una testimone oculare, ma per 16 anni non si riesce a trovare il colpevole, nonostante tutti i test e tutti gli interrogatori svolti.
Il Detective: John Suddin, uomo tutto d'un pezzo, ex maratoneta olimpico, prossimo a diventare padre che viene risucchiato dal caso.
Come da copione, diventa la sua missione personale trovare il colpevole, dare giustizia alle famiglie delle vittime, con faldoni riempiti e ogni possibile traccia esaminata.
Le Indagini: dopo 16 anni di nulla, la svolta potrebbe arrivare proprio dal DNA, chiamando l'esperto Per Skogkvist a collaborare con la polizia ormai agli sgoccioli per fondi e tempo impiegato.
John dovrà imparare a farsi da parte e far lavorare uno scienziato che analizza e compara, restringe il campo e cerca parenti e località fino a trovare il colpevole.
Funziona? In modo tutto suo, ma sì.
Siamo in Svezia, non si cercano colpi di scena o climax e la soluzione del caso, la cattura del colpevole, importa meno rispetto a come si è arrivato a trovarlo, a come le famiglie coinvolte, della vittima e degli investigatori, ne sono state influenzate.
Verrebbe da definirlo freddo e un filo noioso, pure, ma è un poliziesco atipico e nordico basato su un caso vero su cui viene da capirci di più.
Tutta colpa di un punto di vista, spesso sbagliato, più interessato al colpevole che alle vittime e alla giustizia a loro richiesta.
Voto: ☕☕½/5
The Jetty
Il Caso: c'è un incendio, in cui vengono trovate delle ossa, e c'è una ragazzina che si butta dalla finestra.
Ce n'è stata un'altra che 17 anni fa è scomparsa nel nulla e su cui ora una podcaster sta indagando.
Tutto, va da sé, è collegato in una piccola cittadina inglese piena di segreti e peccati.
Le Detective: c'è la podcaster di cui sopra, Riz Samuel, che non sa che vaso di Pandora sta andando a scoperchiare, ma c'è soprattutto Ember Manning, giovane detective, vedova di un marito che era molto più grande di lei quando l'ha sposato, e che ora si ritrova a farsi domande che era meglio farsi molti anni prima.
Le Indagini: diventano una cosa personale per Ember, che si muove come un lupo solitario calpestando capi e colleghi, cercando di coprire il possibile coinvolgimento di quel marito non così perfetto che la figlia e la suocera continuano a idolatrare.
Tutto si complica quando si aggiunge un'indagine per omicidio.
C'è del marcio in quella cittadina e per Ember non è facile farci i conti.
Per fortuna, noi spettatori siamo aiutati dalla visione parallela di un passato di appena 17 anni fa che sembra davvero vicino.
Funziona? Tutto sommato sì, anche se far passare i primi anni 2000 come un'epoca lontanissima e Jenna Coleman come una boomer e madre di una diciassettenne fa male al cuore.
Troppo giovanile lei o troppo strano il caso che comprende due omicidi, un tentato suicidio e qualcosa di molto, molto peggio a cercare un colpevole che in realtà non si vorrebbe trovare.
Sospesa l'incredulità sul tempo che passa, la serie funziona nei parallelismi tra passato e presente, e grazie al classico formato breve inglese (appena 4 episodi) si segue senza particolare trasporto ma anche senza annoiarsi, sollevando dubbi morali sul percepito diverso fra generazioni su cui non è facile indagare.
Voto: ☕☕½/5
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