Tra Messico, New York e Londra, tre indagini, tre stili diversi solo uno vincente in realtà:
Il segreto del fiume
Non propriamente un giallo, ma di mezzo c'è un omicidio.
Che è il segreto del fiume del titolo e il segreto che lega due bambini, amici da poco, che rimangono legati per la vita.
Anche se a distanza.
Non è facile, se si cresce in un paesino della provincia messicana, lo è ancora meno se Manuel arrivato come ospite della nonna mentee la madre si cura segretamente in ospedale, si sente e viene visto come un diverso.
I modi effeminati, i gusti e la sensibilità lo condannano al bullismo.
È diverso, e Erik ne è attratto ma anche spaventato, lo vede come un amico ma anche come una minaccia a causa anche di un padre burbero e retrogrado che gli lava la testa e gli vieta di avvicinarlo.
Saranno però amici veri per i pochi mesi passati insieme, uniti da mille avventure e da quel segreto: l'aver assistito e provocato la morte dello zio nel giorno del suo matrimonio.
Passano gli anni e Manuel torna in paese, ma ora si chiama Sicarù, è una Muxe a tutti gli effetti, il terzo genere nella cultura messicana, una transessuale che un tempo era più accettata dei giorni difficili di oggi. E Erik come la prende? Attratto e diffidente, spaventato e con le urla del padre ancora a tormentarlo e con quel segreto che torna sottoforma di un poliziotto corrotto disposto a condannarli.
Con il suo stile che scade spesso nella soap opera, tra rallenti e momenti di tensione che sono più di imbarazzo, se sono finita a guardare la serie la colpa non è solo di mamma che me la consigliava, ma anche per ritrovare Diego Calva. Il protagonista di Babylon sparito momentaneamente dalla circolazione (tornerà a breve con la seconda stagione di The Night Manager) qui chiamato a mostrare tutta la sua bellezza in momenti erotici non così necessari.
Ma tant'è, delicato nel raccontare di un'infanzia diversa e di tutte le domande che attanagliano i protagonisti, interessante nell'esporre la cultura colorata e libera del Messico, commovente in un finale in cui tolta l'alta tensione e certe sparate criminali, celebra l'amicizia.
Quella vera, quella più importante di 1000 amori.
Only murders in the building
- Stagione 4
Ormai è una serie conforto per molti.
Quella leggera e divertente che si segue anche quando sempre più improbabile.
Si vuole bene a questo trio di podcaster ormai famosi e al loro fiuto nel risolvere gli omicidi.
Solo del loro palazzo, ovviamente.
E infatti non basta una trasferta a Los Angeles con un film in preparazione e un cast di doppi che li vogliono studiare a tenerli lontani dall'Arconia e da New York.
Charles, Oliver e Mabel si ritrovano infatti a indagare sulla morte di Sazz Pataki, mettendo così in luce il duro lavoro degli stuntmen, il dietro le quinte dei set e anche di un'ala diversa del loro palazzo a prova di caro-affitti.
Dopo il teatro, quindi, si gioca con il cinema.
Con i titoli degli episodi dedicati volta per volta a un film diverso anche se non si toccano le vette della stagione teatrale e ci si prende molte libertà.
Onestamente, la recitazione forzata di Steve Martin, Martin Short e soprattutto di Selena Gomez continua a non essere nelle mie corde, mi sembrano sempre in perenne attesa di risate finte che per fortuna non ci sono e anche l'acclamato episodio Blow-Up (4x06) che sperimenta con tutti i prototipi di telecamere in circolazione (da quella a circuito chiuso ai super8) non mi ha fatto gridare al capolavoro, come il fantomatico scontro tra Meryl Streep e Melissa McCarthy a contendersi Martin Short.
Tutto mi puzza sempre troppo di costruito e di finto, di creatività per sfamare i fan e non di vera e propria fiamma.
Ma so di essere in minoranza.
In tutto questo, a sorpresa, sembrano più a loro agio nei ruoli di se stessi proprio le aggiunte di Eva Longoria, Eugene Levy e Zach Galifianakis, in una stagione che straborda di guest star eccellenti e suggellare un successo che non si placa, nemmeno quando le dinamiche sono sempre le stesse e le indagini meno appassionanti del solito, con il solito schema di un sospettato per episodio che inciampa su se stesso, regalando un colpevole piuttosto implausibile.
Ormai OMITB la si accetta così, con difetti che diventano pregi, con mancanze che diventano qualità.
Un'altra indagine è già confermata e so che dovrò tenere a bada la mia negatività, smussata da improbabili detective e risoluzioni strampalate che non rispondono mai a tutti i dubbi, come se gli sceneggiatori stessi si fossero accorti ora dei buchi rimasti dalla prima stagione.
La quinta sarà la volta buona?
Slow Horses - Stagione 4
I cavalli lenti, i reietti dell'MI5 tornano con un'indagine tutta personale.
Sempre il povero River Cartwright al centro dei problemi, questa volta chiamato a capire chi è che vuole il nonno morto tanto da spacciarsi per lui.
Si andrà molto a fondo nella sua storia personale con un primo episodio in cui lo si crede morto e in realtà è solo il solito Jackson Lamb più intelligente e più sporco di tutti a dargli la corda necessaria per andare a fondo.
Anche in questa stagione gli episodi sono solo 6, sempre troppo pochi per i veri fan, ma il numero giusto per rendere appassionante la stagione se divorata tutta in un boccone.
La tensione cresce, l'azione esplode nel finale e in una sparatoria che porta vittime celebri, anche se per il quarto anno di fila ci si fomenta davanti ai ritmi lenti e seducenti tipicamente inglesi.
Niente di nuovo da segnalare oltre gli applausi per il solito immenso Gary Oldman e la mia cotta confermata per Jack Lowden, se non un punto favore dell'algida Diana Taverner chiamata a salvare baracca e burattini dell'MI5.
Dopo un finale splendido nel suo essere intimo e malinconico senza bisogno di tante parole ma solo di un buon bicchiere, un'altra stagione è già stata confermata, e anche se questa ha soddisfatto meno nonostante la dose personale di coinvolgimento, so già che ne vedremo delle belle.
Brevi e intensi, gli inglesi non deludono, se si è convertito anche il Cannibale, non avete più scuse.
Voto: ☕☕☕/5
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