25 agosto 2021

I Predatori

Andiamo al Cinema (all'aperto)

Che povera illusa sono stata!
Era lì, a portata di mano e di ingresso, mi bastava incastrare meglio le visioni, dargli una chance.
E invece, dicendomi: "Tanto è italiano, tanto nei cinema arriva presto", I Predatori a Venezia non l'ho visto per cercare di vedere altro, chissà che cosa poi in quel calendario fitto, troppo fitto che mi ero preparata.
Poi è successo quello che è successo: che I Predatori al cinema è pure uscito, ma i cinema hanno iniziato a chiudere. Poi è tornato, ma assieme ad altri titoli, a un certo grado di paura che non rendeva così sicura quella sala buia che è sempre stata un rifugio. Infine, eccolo lì, quasi 12 mesi dopo, nella più classica delle arene estive.
Un destino di certo più felice di Volevo nascondermi, che al cinema all'aperto c'è arrivato, sì, ma nella sera della finale degli europei.


Vuole la sorte, che I Predatori abbia la meglio, perché si sa che i predatori la meglio ce l'hanno sempre. Inizia, e mi chiedo: ma davvero questo è il film che si è aggiudicato il premio alla sceneggiatura nella sezione Orizzonti?
Questo film confuso, che non sa quando parte, se parte, chi sono tutti questi personaggi, questi silenzi, questa bomba che esplode, questa nuvola di fumo che continua a impallare la macchina da presa?
Non sarà mica un altro film di quelli sperimentali, di quelli che ci credono troppo, tipico dei figli di, visto di chi è figlio Pietro Castellitto?
Per fortuna no.
Mi sbagliavo. 
Mi ingannavo.


Perché la sceneggiatura de I Predatori è davvero da premiare, strana com'è, particolare com'è, dove poco a poco tutti i pezzi del puzzle si incastrano alla perfezione, tutti i i personaggi che lentamente si conoscono, si sfiorano, si scontrano, si incontrano, dove l'inizio corrisponde alla fine.
Insomma, una sceneggiatura a prova di bomba. 
Letteralmente.
Il tutto per raccontare che?


Per raccontare di due famiglie agli antipodi -gli intellettuali impegnati tra film, medicina e Nietzsche e i neofascisti che gestiscono un'armeria e giri loschi- e il modo insolito in cui si scontrano, non una, non due, ma tre volte.
I momenti surreali non mancano, e lo sguardo allucinato di Castellitto a cui si è voluto bene per quel ritratto onesto di Totti, funziona anche qui, defilato, a lasciare spazio agli ingombranti e fisici Massimo Popolizio e Giorgio Montanini.
Quel suo sguardo è intanto impegnato a cercare le inquadrature migliori, gli angoli più strani e geometrici in una regia attenta e fresca, di certo divertita.
Tra una canzone rap che è da incorniciare e momenti romantici tra busti e statue del Duce, questi Predatori finiscono per convincere sempre di più.


Fino ad arrivare a quel doppio finale che ha tratto in inganno pubblico e proiezionista dell'arena e che porta a chiudere il cerchio in un sorriso pieno di soddisfazione.
Il mio di cerchio lo chiudo ora, a quasi un anno dall'occasione mancata, dicendo: "Ne valeva la pena!".

Voto: ☕☕½/5

3 commenti:

  1. Non so, io comunque questo film ho evitato di vedere, e non penso cambierò idea.

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  2. Io l'ho strabocciato, e ha fatto bene Pietro a risparmiarselo .. ahah

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  3. Io sai che ci ho provato due volte, ma niente, non lo capivo?

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