9 ottobre 2024

Divano di Famiglia

Andiamo al Cinema

In un negozio di arredamento, una madre si siede su un divano e decide di non alzarsi più.
Non è l'inizio di una barzelletta, ma di un dramma.
Un dramma di quelli interiori, si badi bene, di quelli complessi e complessati tipici di una certa Europa.
Nord Europa?
Diciamo di sì, anche se il regista Niclas Larsson ha deciso di ambientarlo in America con un cast variegato partendo da un romanzo svedese, ovviamente.

Quella madre, non si vuole più alzare, non vuole andarsene da quel negozio in chiusura e costringe i suoi tre figli, avuti da tre uomini diversi, a unire le forze e ritrovarsi faccia a faccia dopo chiamate mancate, lettere mai spedite e un certo livore nei suoi confronti.
Non è la madre ideale, proprio no.
È una madre che ha avuto un figlio con un americano, uno scozzese e un gallese.
Questo sì sembra l'inizio di una barzelletta da pub.
E come madre, non è così amorevole. Getta in faccia verità che fanno male e a soffrire più che un Rhys Ifans stropicciato come la suo solito e una cinica Lara Flynn Boyle, è il piccolo di casa, un Ewan McGregor dallo sguardo malinconico che mette da parte i suoi di figli, per cercare di capire cosa vuole la madre, mette da parte la moglie, per essere interrogato e provocato da una giovane commessa che vuole capire di più del suo passato e della sua famiglia.


Il film procede al buio, lasciando allo spettatore il compito di raccogliere gli indizi e metterli assieme neanche fossero pezzi di arredamento chiamati a comporre una casa.
Diventando una metafora, sconfinando nell'irreale, nel sogno e nell'incubo, in un confronto necessario per tagliare il cordone e ritrovare se stessi.
Lo si segue molto confusi questo Ewan confuso, addormentarsi dentro a quel negozio, fuggire in spiaggia e parlare con un doppio F. Murray Abraham a rendere il suo quadro clinico ancor più… confuso.
L'impianto teatrale si sente e si vede, mentre ci si muove poco, tra mobili ingombranti e una fatiscenza decadente.


Diciamo che non è un film facile, o forse non è semplicemente un film del tutto riuscito questo Divano di famiglia dove solo un figlio si sbottona, dove Taylor Russell prova a fare da terapeuta e gatta morta, dove i panni sporchi si lavano in pubblico e il pubblico fatica a seguire le idee del regista.
Etichettandolo come dramma svedese forse si dà una chiave e un avvertimento, ma un divano così stava meglio nello studio di uno psicologo.

Voto: ☕☕½/5

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