Il format è sempre quello di Cassidy, questa volta declinato a quei film usciti in zona Halloween che però si sono rivelati meno efficaci nel provocare brividi.
Tranne il buono, ovviamente:
Don't Move
Il Brutto
L'idea, di per sé, è ottima.
E pure terrorizzante, e a parlare è chi questa certa paura ce l'ha davvero.
Trovarsi impossibilitati a muoversi, paralizzati e alla mercé di ogni pericolo.
Aggiungici poi un serial killer che quella paralisi te l'ha provocata per torturarti e ucciderti e il gioco è fatto.
Il problema, per un film, è come rendere dinamica una storia che vede uno dei protagonisti paralizzato. Casi ce ne sono, a partire da 127 ore che una situazione simile l'ha giostrata benissimo, passando al lato brividi, c'è un certo Gerald's Game da recuperare.
Qui si inganna l'attesa con il prologo che vuole essere drammatico il giusto per far tifare per la protagonista, madre che ha perso il figlio per una distrazione in montagna, che in quella montagna torna con l'intento di suicidarsi.
Viene bloccata proprio dal killer, che ha il faccino affascinante e inquietante allo stesso tempo di Finn Wittrock, che con le buone la salverà, con le cattive deciderà che sarà lei la sua prossima vittima.
Dal momento dell'iniezione aumenta l'ansia per quando la paralisi inizierà a fare effetto e se il tempo basterà a Iris per riuscire a seminare Richard.
Poi, purtroppo, molto si incarta.
Si aggiungono fughe impossibili, aiutanti sfortunati, errori da principiante e il tempo che stringe.
C'è molto di che sospendere la proprio incredulità e soprattutto Kelsey Asbille non è la migliore delle attrici su cui puntare in quanto a espressività, con il suo trucco che resta perfetto per tutto il tempo, fino al lieto fine con tanto di morale in agguato.
Doveva essere l'horrorino perfetto per la settimana di Halloween, si è trasformato in ottimo sonnifero che è forse il peggior complimento da fare a un horror.
Woman of the Hour
Il Cattivo
Rimaniamo su Netflix dove esordisce alla regia Anna Kendrick.
Comica e votata all'indie, da tipica trentenne bianca e americana si dà al true crime, andando a raccontare la storia vera di Rodney Alcala, serial killer e stupratore seriale finito pure in un programma televisivo in stile Gioco delle Coppie.
Kendrick si regala anche il ruolo della concorrente che deve scegliere con chi uscire, aspirante attrice coglierà la palla al balzo e il messaggio femminista che tanto funziona anche oggi, per ribaltare le carte e far sudare i suoi spasimanti.
Non Rodney, di cui nel mentre vediamo alcuni dei tanti e orribili crimini.
Il problema del film sta proprio qui.
I flashback e il flashfoward si legano poco e male con la diretta televisiva, e sembrano solo stuzzicare lo spettatore più voyeur.
La tensione che dovrebbero portare, spegne poi l'energia dello show dal finale scontato, anche se il saluto finale in un parcheggio deserto resta la parte migliore della sceneggiatura.
Non era una storia facile da raccontare e la decisione di farlo in questo modo, in più parti e in più racconti non sembra la più efficace. La ricostruzione degli anni '70, infine, è piuttosto didascalica e non si spinge ad alti livelli, giusta insomma per un film da streaming.
Nonostante l'esordio e nonostante la decisione di raccontare una storia così macabra, Kendrick ha rinunciato ad ogni guadagno, perché va bene raccontare la storia di un serial killer ma non specularci.
Un filo di ipocrisia la sento comunque, ma siamo su Netflix che nel genere true crime sguazza e che con o senza grandi proclami continuerà ad alimentare il suo pubblico.
Autosufficienza
Il buono
Posta in palio: 2 milioni.
Obiettivo: rimanere in vita per 30 giorni.
Regole del gioco: possono ucciderti tutti gli utenti del dark web che riusciranno a capire dove vivi e dove ti muovi. Ma non potranno farlo se con te ci sarà qualcun altro.
Insomma, se per 30 giorni vivi incollato a qualcuno, se hai pure la fortuna che nessuno riesce a scovarti, quei 2 milioni sono già nelle tue tasche.
La pensa così Tommy, che una vita entusiasmante di certo non ce l'ha, single da due anni, da due anni non parla con quella ex e nemmeno sa perché è stato lasciato.
È tornato a vivere dalla madre e... basta.
La sua vita è tutta qui, e quando nientemeno che Andy Samberg da una limousine lo invita a salire e lo porta a conoscere questo gioco tanto pericoloso, Tommy pensa che non ha niente da perdere.
Il problema sarà convincere la sua famiglia che è tutto vero.
Una famiglia che teme per la sua salute mentale, ancor più quando inizia a farsi accompagnare ovunque da un senzatetto dal cuore d'oro e conosce quella che sembra un'altra partecipante al gioco, Maddy. Unire le forze sarà la scelta giusta?
Folle e divertente, Jake Johnson sceglie per il suo esordio alla regia una sceneggiatura molto originale con venature di terrore.
Sarà che i cameramen ninja appaiono all'improvviso e con quelle movenze innaturali fanno più paura di cecchini e bulli vestiti come icone pop.
Dalla sua, Johnson ha una regia molto pop, soluzioni degne di un videogioco e la possibilità di chiamare amici, a partire da Anna Kendrick come co-protagonista, passando per i cammei di Christopher Loyd, Wayne Brady e del già citato Samberg.
Come la sua famiglia, si è diffidenti nel credere alla realtà e alla pericolosità di questo gioco che diventa però sempre più intrigante, alzando il livello del sospetto.
Il colpo di scena è dietro l'angolo e alla fine nella sua semplicità, riesce pure a regalare un filo di commozione nel cambiamento che porta a uno come Tommy il semplice partecipare.
Voto: ☕☕☕/5
Autosufficienza non lo conoscevo proprio. Bocciatissimo Don't Move, di cui parlerò nei prossimi giorni, mentre a me Woman of the Hour è piaciuto molto. Però penso di essere l'unica a non averlo trovato sfilacciato e sconnesso!
RispondiEliminaTi ringrazio per la citazione e per avermi fatto scoprire "Autosufficienza" che stavo per perdermi! Per gli altri ho il post in rampa di lancio sulla Bara, vedrai che anche questa volta siamo allineati nei pareri ;-) Cheers
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