16 dicembre 2018

The Aviator

#LaPromessa2018

Se non avevo mai affrontato prima The Aviator è per la paura che mi facevano i suoi 170 minuti di durata.
Un'eternità, all'epoca della sua uscita, un po' meno oggi in cui i film che superano le due e sfiorano le tre sembrano sempre più -sigh- la norma.
C'è poi da dire che i pareri delle persone più vicine non aiutavano, tra una sorella che voleva indietro quei 170 minuti persi della sua vita, e un migliore amico provato dall'esperienza portata a casa solo per la presenza (per una scena soltanto) dell'amata Gwen Stefani.
Ora, se da una parte mia sorella ha amato il da me tanto odiato Avatar e se dall'altra quel migliore amico ha odiato il da me tanto amato La La Land, va da sé che dei loro giudizi non posso più fidarmi. E soprattutto, una promessa è una promessa.



Così ho fatto la conoscenza con Howard Hughes, miliardario americano che tutto può, che vuole conquistare i cieli, le rotte, e nel tempo libero frequenta grandi star del cinema, si dà al cinema, producendo e dirigendo kolossal visionari.
Insomma, un tipo strano, eccentrico, particolare.
E che infatti tutto apposto non è, con ossessioni di grandezza e di igiene da tenere a bada, con quelle star con cui esce che vuole controllare.
Katherine Hepburn è l'amore di una vita, che lo sopporta e lo supporta, che lo entusiasma.
Ava Gardner è quello che lo assiste e lo aiuta nel periodo peggiore, quello in cui tutto sembra andare a rotoli, letteralmente bruciare.
Come si dice in quel di Hollywood, Hughes era un uomo bigger than life, e così ci prova Scorsese a raccontarcelo in un film, tagliando l'infanzia, buttandoci in mezzo al suo primo film (Gli angeli dell'inferno) e interrompendosi prima degli anni '50. E già così, tra traguardi aeronautici, indagini dell'FBI e tracolli finanziari e personali, ce n'è da raccontare.


Mattatore quel Leonardo DiCaprio che come sempre avrebbe meritato un Oscar, fisico com'è, immedesimato com'è, nonostante quel faccino da giovine che sempre poco lo aiuta.
E poi c'è lei, la "divina" Cate Blanchett che però ho faticato non poco a sopportare, non solo per una Hepburn troppo snob, ma anche per quell'accento che il mal di testa me l'ha fatto venire.
Veloce, esagerato, senza una vera e propria struttura a supportarlo, The Aviator vola senza troppe redini nella vita di Hughes, decidendo scena per scena cosa mostrarci.
Bellezza ce n'è, grandiosità pure -ovviamente-, ma a ben guardare un po' li capisco i giudizi tiepidi e innervositi di mia sorella, del mio migliore amico. Colpa degli anni che sono passati o colpa di una storia davvero troppo grande da star dentro ai pur colossali 170 minuti?


7 commenti:

  1. A suo tempo un mio amico, pur ammiratore di Scorsese, vi ravvisò degli echi spielbergmaniani, ovvero ludici e talmente stereotipati da diventare ridicoli (c'è uno scienziato che parla con spiccato accento tedesco, giusto?).
    Io mi accorsi di un errore di montaggio: in una scena in cui i personaggi sono al bar e bevono o magiano qualcosa prima le mani sono sulle posate, poi nell'inquadratura successiva non lo sono più e via ad alternarsi per diverse take. O forse lo confondo con un altro film?
    Forse il punto più basso per Scorsese, ma comunque un film abbastanza godibile.

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  2. Io mi annoio facilmente, ma questo non m'ha annoiato manco un istante.
    Per me 170 minuti ben spesi!

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  3. Mi era piaciuto, ai tempi, ma senza strafare.
    Ricordo un DiCaprio più bravo del solito, attore che eppure continua a non piacermi, e una Blanchett più bella che mai.

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  4. Io capisco tua sorella, anzi, li rivorrei anch'io, seppur nel complesso sia comunque un lavoro di gran livello ;)

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  5. Mi pare sia stato Stephen King a scrivere che gli altri raccontano storie, mentre Martin Scorsese scrive romanzi, anche per questo i suoi film sono quasi tutti più vicini alle tre ore che alle due. Avevo visto “The Aviator” all’uscita, piaciuto senza esaltarmi, poi dopo anni ho deciso di rivederlo, e ti dirò che è salito molto di colpi, la prova di Di Caprio è molto buona nel portare in scene le ossessioni del protagonista, e zio Martino gira sempre alla grande, la scena dell’incidente aereo con abitacolo in ebollizioni è da manuale. Devo ammettere che con Scorsese i suoi “Romanzi” mi filano via sempre abbastanza agevolmente (anche “Silence” che non ha un soggetto proprio leggero) e molto spesso ad una seconda visione li apprezzo di più, “Gangs of New York” alla prima visione mi aveva detto molto poco, ora lo considero uno dei più rappresentativi di zio Martino, bisogna “solo” trovare 170 minuti ogni tanto, non un’impresa da poco lo so ;-) Cheers!

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  6. Per me invece uno dei film più sottovalutati di Scorsese, maestoso e potente come pochi.
    Ero uscito dalla sala estasiato, ai tempi. A mio parere quel "larger than life" fu cercato e studiato dal vecchio Marty!

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  7. Ricordo che quando vidi una foto della scena che hai messo ad inizio post su una rivista, impazzì, tanto da strapparla e conservarla (non so dove sia finita, ma la rivista non era mia XD). Il film mi piacque, non mi strappai i capelli dall'esaltazione, ma buona parte del mio coinvolgimento era dovuto anche alla riproposizione dell'epoca, ma avendo circa 14/15 anni all'epoca non ricordo altre considerazioni che feci

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