Meglio fugare ogni dubbio: no, questo nuovo Narcos non mi è piaciuto nemmeno un po'.
E no, non perché mancasse un Pablo -anche se ha di certo il suo peso ce l'ha- visto che ero riuscita ad appassionarmi senza problemi anche a quella terza stagione senza di lui.
E nemmeno perchè mancavano un agente Steve Murphy o un agente Peña pieni di fascino e contraddizione.
Il problema è soprattutto in una narrazione che si fa lunga e distesa, quasi vuota in alcuni punti. Ci si prende un sacco di tempo per costruire non solo il primo Cartello della storia messicana, ma anche un'indagine come si deve, con scene evitabili, lungaggini che sfiancano.
Quindi sì, lo ammetto, mi sono addormentata ad ogni episodio.
Pure nel tanto atteso scontro faccia a faccia fra il buono e il cattivo di questa serie.
E me ne dispiaccio, perché il fascino del male Miguel Ángel Félix Gallardo ce l'ha, lui e il suo sogno di creare un vasto impero della droga, di passare dall'erba alla cocaina, di fare affari con Cali, di espandersi.
Tenendo le fila di boss tutt'altro che facili da gestire, poi, tutti assieme allo stesso tavolo.
Poi perché Rafa, lo scapestrato, catalizza su di sé tutto l'odio possibile, innamorato di una donna facile, del Natale, della sua piantagione nel mezzo del deserto che fa davvero restare a bocca aperta.
Perché la corruzione imperante che vige a Città del Messico la si vuole vedere sconfitta, anche se le indagini di Enrique "Kiki" Camarena faticano ad avviarsi.
Ecco, lui -Kiki- è un problema, lui e il suo poco carisma, lui e la sua ossessione non aiutano a volergli bene, lui che interpretato da un piatto Michael Peña fatica davvero ad entrare nel cuore, e pensare che è per lui che tutto prende il via, che veramente ci si dà una mossa e il ritmo aumenta nel finale.
Insomma, questa prima stagione è anche facilmente riassumibile, succede poco ma in tanto tempo, i personaggi abbandonano ma si fatica a distinguerli, a capirli. El Chapo di certo troverà il suo spazio più avanti, Don Neto il cuore lo strappa ritagliandosi un momento davvero idolesco (per quanto quasi prevedibile e ridondante, fatto apposta per acchiappare meme e click).
Ma ci sono davvero tanti ma.
C'è una sonnolenza che serpeggia lungo episodi dalla durata eccessiva, ci sono sì momenti cult (episodio 5, parlo di te!) che fanno la differenza, con il passato che bussa e che però fa ripensare ai bei tempi, in cui davvero non si riusciva a staccarsi da quanto si vedeva.
Diego Luna ci mette parecchio del suo per strappare la sufficienza alla serie, uno smilzo senza troppa morale o remore, che nasconde peccati e omicidi rimanendo pulito ed elegante.
A fare la differenza, a catturare la mia attenzione, quella voce narrate che come sempre si prende tante libertà, parla a noi, ci strizza l'occhio. Una voce che si fatica a riconoscere ed identificare e che nel finale mostrerà finalmente il suo volto.
La sensazione, portando a casa questi 10 episodi, è che ci si è presi del tempo per presentare ed introdurre, per fare una lunga premessa in vista di una seconda stagione più allettante, più come ai vecchi tempi.
Io, almeno, lo spero.
Voto: ☕☕/5
Spero punteranno su di lui, così da riconoscerlo meglio in mezzo alla folla di boss e malavitosi... forse troppi personaggi, forse ritmo davvero lento. Ma voglio sperare sia stata una lunga promessa e che si faccia il botto con la prossima stagione.
RispondiElimina