3 dicembre 2018

Il Lunedì Leggo - La donna dai capelli rossi di Orhan Pamuk

Il mio primo Pamuk, il mio primo libro turco.
Colpa e merito di quel titolo, di quel colore, da sempre pieno di fascino.
La libraia mi aveva avvertito: una storia di ossessione mi aspettava.
Un'ossessione però non tanto d'amore, ma di senso di colpa, come in un Delitto e Castigo ambientato in una Istanbul che si espande, in cui gli anni non rendono meno pesante la terra che si ha sopra il cuore.
Cem nell'estate che lo vede prossimo all'inizio della scuola, accantona il sogno di diventare scrittore e diventa assistente di uno scavapozzi. Il padre non c'è più, la madre deve arrangiarsi, lui deve guadagnare. Quello scavapozzi, Mahmut, diventa quindi il suo migliore amico, il suo nuovo padre, il suo datore di lavoro e Maestro in quell'estate che da sempre combacia con l'entrata nell'età adulta.



Lontani dalla civiltà, immersi nella natura in cui un giorno sorgerà una fabbrica, Mahmut cerca ostinatamente l'acqua, scava a più non posso, richiede sforzi sovrumani a Cem. Le loro giornate si ripetono sempre uguali, cambia chi deve scendere negli inferi della terra, chi deve restare a sollevare il peso di secchi sempre più pieni, ci sono pause che con il passare dei giorni, della mancanza di acqua, si fanno più amare, e ci sono soprattutto serate da passare in città, a sorseggiare the, ad osservare un'altra quotidianità.
È qui che una donna dai capelli rossi cattura l'attenzione di Cem, quei capelli, quell'audacia, diventano per lui un'ossessione: sera dopo sera la aspetta davanti casa, la segue nei locali che frequenta, arde dal desiderio di vederla sul palcoscenico che calca, sotto un tendone che il suo Maestro e padre putativo gli vieta.
Più l'acqua non arriva, più il fuoco chiama a sé, e quindi ogni rimprovero, ogni divieto, non bastano più a tenere Cem lontano dallo spettacolo che quella donna tiene con i suoi compagni di viaggio, e le sue lacrime nell'interpretare Il libro dei re, tormenteranno Cem tanto quanto l'incidente che, il giorno dopo, con la testa che a quella donna pensa, causerà.
Scappa, allora, Cem scappa da responsabilità e da domande scomode. Studia, si sposa, gli anni passano, e i figli che non arrivano vengono sostituiti da case e terreni che assieme alla moglie compra, arricchendosi mentre Istanbul cresce. Ma quella macchia, quei capelli rossi, continuano a tormentarlo, continua ad essere ossessionato da Mahmut, dalla storia di Rostam e Edipo, da un passato in cui non ha più avuto coraggio di rimettere piede, anche se la resa dei conti si fa inevitabile.


Il mio primo Pamuk, il mio primo libro turco.
E un'ossessione prevista che si fa pesante.
Più di un Dostoevskij, Pamuk descrive l'ossessione, il senso di colpa, i tormenti di un giovane fino a stremare. Tanto ci lascia nel caldo estivo di quel pozzo da scavare, quanto veloce corre negli anni che avanzano, fino ad un finale beffardo e teatrale in cui -come una tragedia greca- il destino chiede il suo conto, e la struttura viene rivelata ritornando ai primi desideri di gioventù.
Visti i film, sapevo che andavo incontro ad una narrazione turca che si prende i suoi tempi, con le sue costanti su cui battere ancora e ancora. Speravo in un po' più di romanticismo, un po' più di passione visto il colore, visto il titolo. Invece, arrancando a fatica e spargendo antipatia verso personaggi a cui no, non mi sono affezionata, quel finale per quanto affascinante non fa cambiare opinione sul resto e, per il momento, mi fermo qui.

2 commenti:

  1. Autore che, nonostante titolo e copertina, ho sempre temuto anch'io.
    Da quello che leggo, non troppo a torto. Vado in cerca di letture belle bellissime con l'anno agli sgoccioli, ma la pesantezza non mi attira.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Purtroppo mi sono incagliata anch'io in letture più pesanti del previsto ma che volevo smaltire da tempo. Un ultimo sforzo per questo anno, poi vado di sicure bellezze.
      Qui il titolo trae in inganno, anche se il Museo dell'innocenza con relativo museo vorrei scoprirli prima o poi.

      Elimina